Le Porte di bronzo del Duomo di Benevento

  2 - LE PORTE Dopo anni di chiusura, la Cattedrale di Benevento espone nell’atrio, all’ingresso della navata centrale, le Porte di bronzo duecentesche, la Janua Maior. Nel settembre 1943 le Porte erano state colpite da bombe incendiarie, il supporto ligneo carbonizzato, le formelle in parte frammentate o fuse. Un difficile restauro ha assecondato il misterioso destino di eternità della loro bellezza. Richiamo d’arte di livello internazionale, all’inizio del Novecento Adolfo Venturi nella sua monumentale Storia dell’Arte Italiana le aveva definite “il maggior poema sacro di età romanica del Mezzogiorno d’Italia”.

  E’ proprio questo il capolavoro con cui il Medioevo italiano, erede del realismo romano antico, si era definitivamente opposto ai tentativi di Bisanzio di imporre anche nel Mezzogiorno la sua arte astratta priva di volumi, ombre e prospettiva. Dalla capitale dell’Impero d’Oriente erano infatti arrivate a Montecassino, Amalfi, Ravello, Atrani, Salerno, Monte Sant’Angelo, porte di bronzo ageminato d’argento con figure incorporee, non più che disegni incisi su superfici piatte. Quei canoni estetici erano agli antipodi della moderna visione artistica del Maestro delle Porte del Duomo di Benevento, ideatore di una sequenza di scene dal rilievo impressionante e dalla spazialità profonda, popolate da personaggi espressivi, da animali ed elementi della natura fisicamente concreti. Questo geniale Artista, di cui non è stato tramandato il nome, diede alla scultura italiana in bronzo una identità definitiva. Dopo di lui, Benevento, che era stata protagonista culturale fin dall’epoca romana, e capitale di stato in età longobarda, ridotta ormai a piccola isola pontificia nel Regno normanno di Sicilia, si assopì ai margini della storia.

  Con i loro tre metri e mezzo di larghezza, e ben cinque di altezza, le Porte sovrastano chi accede al limitato spazio dell’atrio. La difficoltà della troppo breve distanza di osservazione si può superare utilizzando un piccolo binocolo da teatro. Così, la lettura dell’opera avverrà scena per scena, dettaglio per dettaglio.

  8 - CROCIFISSIONEDi tutte le porte medievali conosciute, soltanto queste raccontano la Vita di Cristo in modo completo. L’Autore tradusse il racconto evangelico in composizioni visive che hanno contribuito per secoli a formare l’immaginario sacro dell’occidente europeo, soprattutto per il tramite dei pellegrini transitanti sull’Appia verso il Gargano e la Terrasanta. Oggi lo spettacolo delle settantadue formelle, ridisposte su nove file orizzontali di otto riquadri ciascuna, toglie nuovamente il respiro all’osservatore immergendolo nella dimensione spirituale ed estetica. Quarantatre raffigurano episodi evangelici. Inviterei a rintracciare nel maestoso tableau la Visitazione di Maria ad Elisabetta, la Natività, l’Angelo in volo che annuncia la Nascita ai pastori, i Magi guidati dalla stella, la Fuga in Egitto, la Scelta degli Apostoli, Lazzaro chiamato fuori dal sepolcro, l’Ultima Cena, il Bacio di Giuda, la Crocifissione, Giuda suicida impiccato, la Resurrezione….

  Quattro protomi di animali simbolici, quasi sculture a tutto tondo con anelli pendenti, introducono allo spazio sottostante dedicato all’autorità ecclesiastica terrena. Lo sfarzo dell’Arcidiocesi di Benevento, a quei tempi estesa dal Molise all’Irpinia, dall’area caudina al Gargano, è qui rappresentato dalle venticinque formelle con l’Arcivescovo Metropolita di Benevento e i suoi Vescovi suffraganei, tra cui quelli di Avellino, Frigento, Trevico, Montemarano, Ariano Irpino….  Poiché le sedi suffraganee variavano di numero, ma dal 1179 al 1221 restarono esattamente quelle indicate dalle epigrafi in latino accanto alle solenni figure dei Vescovi, si può dedurre che le Porte, iniziate chissà quando, siano state completate proprio in quel periodo.

  Le fotografie che propongo     – qualcuna precedente al restauro –    non danno certo un’idea adeguata di un capolavoro assoluto come questo. S’impone la visione diretta.

Elio Galasso

 

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