A metà strada tra Michael Jackson e Prince, con qualche immersione nei caldi ritmi africani e nel funky di nuova generazione, il nuovo album di Pharrell Williams coinvolge già al primo ascolto, senza però lasciare il segno. Niente di rivoluzionario o di sorprendente sul fronte musicale. Le dieci tracce di G I R L, secondo disco da solista dell’artista americano, scorrono veloci e leggere, talvolta strappano sorrisi e infondono ottimismo, ma non fanno mai scintille. Ci si aspettava forse qualcosa in più da colui che è considerato il personaggio del momento, il genio della produzione discografica mondiale, il prezzemolino della musica con i suoi infiniti duetti e le collaborazioni di successo (dai Daft Punk a Robin Ticke, con i quali ha dominato le classifiche per tutto il 2013). Per non parlare della recente nomination agli Oscar 2014 con il brano “Happy”, colonna sonora del film d’animazione “Cattivissimo Me 2”. E invece c’è poco da stare happy ascoltando la sua ultima fatica discografica: uno sforzo maggiore, almeno a livello creativo, il nostro caro Pharrell poteva anche farlo. Non bastano, infatti, i feauturing con star raffinate del calibro di Justin Timberlake (“Brand New”) e Alicia Keys (“Know Who You Are”) a rendere questo disco memorabile e degno della prima posizione in classifica. Inoltre, quello che doveva essere un “inno alla donna”, un “omaggio al gentil sesso”, come ha dichiarato lo stesso Williams presentando il disco alla stampa, in realtà offre davvero pochi momenti di celebrazione dell’universo femminile, puntando (verrebbe da dire, come al solito) alla formula più comoda e scontata “sesso e motori” (leggete il testo di “Come Get It Bae”, duetto con la bad girl Miley Cyrus, e quello di “Hunter”). A salvare Pharrell e a fargli raggiungere almeno la sufficienza, ci pensa la traccia apripista di G I R L: “Marilyn Monroe”, pezzo che poggia, a sorpresa, su un bel tappeto orchestrale (opera del Maestro Franz Zimmer), mentre si esalta la bellezza della donna ideale, che si mostra attraverso gesti e volti diversi. Una canzone capace di far resuscitare una sbandata come Kelly Osbourne, figlia del grande Ozzy (qui in veste di cantante).
Dopo il duetto con l’amico-nemico Timberlake, G I R L propone come terza traccia “Hunter”, canzone funk-rock che riprende vagamente sonorità anni Ottanta in perfetto stile Talking Heads e Blondie. Un brano che lancia un messaggio molto chiaro: fare sesso con belle donne che non possono resistere al suo fascino. Di “Gush” potevamo anche farne a meno: “Tonight I think I wanna be dirty, girl. Do you wanna get dirty, girl? Light that ass on fire”, recita il testo.
Dopo un’overdose di gioia e solarità con “Happy” e il duetto con Miley Cyrus (bello il riff di chitarra nella loro “Come Get It Bae”), ecco finalmente “Gust of Wind”, brano spassoso che vede il buon Pharrell collaborare nuovamente con i nostri robots preferiti, i Daft Punk. In “Lost Queen” e “It Girl”, ritroviamo, invece, il vecchio Williams, quello dei N*E*R*D*, la band con la quale ha saputo creare brani di successo, impastandosi le mani di psichedelia, rock e funky. In queste due tracce, il cantante 40enne azzarda qualcosa in più, aggiungendo lunghi assoli di chitarra e cowbells. G I R L si chiude con una Ghost Track, “Freq”, nella quale spiccano il talento e il carisma di JoJo, e la splendida voce di Alicia Keys, in quello che potrebbe essere il prossimo singolo estratto dall’album, “Know Who You Are”.
Il momento migliore per ascoltare G I R L? Sdraiati su un divano o seduti comodamente su una poltrona, sorseggiando un ottimo drink e liberando la mente da problemi e ansie quotidiane. Mi raccomando: senza pretese, né aspettative. Per le emozioni, quelle vere e intense, aspettiamo fiduciosi il prossimo album di Pharrell Williams.
Silvia Marchetti