Voto: [usr 3.5] – La completezza del suo essere poeta e sognatore, prima che pittore, e la percezione di trovarsi davanti ad una collezione originale che mostra alcuni aspetti inediti del lavoro di Marc Chagall (1887-1985): queste le sensazioni che si percepiscono all’interno della mostra itinerante Chagall. Love and Life, a Roma, nelle sale del Chiostro del Bramante, dal 16 marzo al 26 luglio prossimo.
La monografia, curata da Ronit Sorek e realizzata in collaborazione con l’Israel Museum di Gerusalemme, espone una parte della vasta collezione del museo, del quale Chagall è considerato uno dei padri fondatori per via delle sue donazioni che contribuirono alla fondazione dell’istituto.
Circa 140 opere tra disegni, dipinti e stampe, per definire in maniera singolare un osservatore della vita e un curioso promotore di una sintesi inesplorata, che fa del legame con Bella Rosenfeld – la compagna di sempre – una costante della sua ricerca.
La lunga opera di Marc Chagall si dispiega in una mostra che, con la linearità del segno, crea l’approccio inedito di un percorso espositivo che si sublima nella simbologia iconografica dell’autore.
Russo, ma naturalizzato francese, Chagall si oppone al veto iconico della sua fede ebraica, dedicandosi a una pittura che muove dalle sue origini – identificabili in mendicanti, rabbini, violinisti, amici e parenti, nonché nel profilo della sua città natale (Vitebsk) – e guarda all’Europa come un variegato di possibilità all’interno di un clima culturale capace di accogliere il suo estro in tutta la sua pienezza.
Lungo i suoi soggiorni a Montparnasse la sua opera s’illumina alla luce delle metamorfosi dell’arte europea, senza farsi conquistare dalle evoluzioni delle avanguardie, piuttosto cogliendone i tratti conciliabili. E nei suoi capolavori convivono la verve cubista, che abbandona quasi subito a causa dell’eccessiva sofisticazione; l’attaccamento alla tradizione popolare, che verrà poi considerata neoprimitivista; e la libertà d’immaginazione, che ispirerà il poeta Apollinaire nella definizione del concetto di Surrealismo.
Lo slancio vitalistico è il fulcro di tutta l’esposizione, strutturata in otto sale che, attraverso le immagini e la figurazione in bianco e nero, svelano i dettagli più intimi dell’autore, il suo tratto, le ponderazioni, le incertezze, ma anche la decisione di un segno inconfondibile che ha il ruolo di descriverci un amore reale, portandoci per mano in un mondo altro, ideale e universale.
La mostra costruisce anche un’analisi approfondita delle tecniche incisorie e coloristiche sperimentate dall’artista. Lungo il percorso è possibile scoprire il fascino che ebbe su di lui la litografia, acquisita negli anni Venti a Berlino, poi tralasciata in favore dell’incisione lineare (puntasecca e acquaforte) e infine ripresa su commissione, per ragioni commerciali che gli permisero di confermare le potenzialità di un medium capace di mantenere la freschezza del disegno preliminare.
Molte delle illustrazioni esposte, relative ad alcune pubblicazioni, esprimono in maniera evidente le varie influenze che ebbero Matisse e Picasso su Chagall: dalle stesse tecniche, alla scelta di tinte forti e vivaci, fino a tematiche quali quelle del circo. Mentre in altre pubblicazioni, nello specifico in My Life, è possibile riscoprire la sua autentica biografia con immagini di Vitebsk, le case di legno, la cupola verde del tempio ortodosso, l’infanzia, l’affetto per gli animali, la Russia, la natura, la vita ebraica, le feste e l’amore incondizionato per quella che egli definirà la sua donna sin dal primo incontro.
Altro aspetto affascinante della mostra è l’approccio interattivo del quale si correda tutto il percorso. Interessante è sia l’installazione multimediale del celebre quadro La passeggiata, che la piccola evocazione dell’atelier Mourlot di Parigi, costituito da un banco con timbri che riproducono le “icone” delle opere dell’artista. Quest’ultimo è un vero e proprio tuffo nel passato che riporta alla mente le varie stagioni dell’antica stamperia con una prima fase commerciale, nella quale nasceva l’etichetta Chocolat Poulain (tanto cara a Giorgio De Chirico), e una seconda d’arte litografica con la quale lavorarono, tra gli altri, Matisse, Braque, Bonnard, Rouault, Miró.
Infine, meritano una nota d’interesse Le Favole di La Fontaine commissionate a Chagall nel 1923 da Ambroise Vollard. La sfida dell’editore e mercante d’arte, di far narrare ad un artista russo un classico della letteratura francese, mette in risalto il carattere altrettanto umoristico e immaginifico di Chagall che, attraverso queste illustrazioni, ci restituisce una sintesi di quel suggestivo legame tra le sue origini e le influenze assimilate dal suo spirito errante.
Una commistione che fu la costante di tutta una vita e che sintetizza in sé gli intenti del progetto espositivo romano.
Livia Paola Di Chiara