A Bigger splash: recensione, trailer e trama del film

A Bigger splash, recensione, trama, trailer Il regista italiano Luca Guadagnino – inizi “documentaristici” e prosieguo come rielaboratore di storie à la Jonathan Demme – con A Bigger splash continua a battere la pista della cinematografia di genere, realizzando un film che fa dimenticare l’eleganza del suo più vicino antecedente La Piscina (1969) di Jacques Deray con Alain Delon e Romy Schneider, di cui è il remake in chiave thriller “rockeggiante”. Con echi che rimandano alle acque (sudicie) di un’altra “piscina” voyeurista, quella di François Ozon (Swimming pool), frequentata da Charlotte Rampling e Ludivine Sagnier, il film di Luca Guadagnino sguazza nel thriller e pesca a mani basse da un immaginario barocco, sgargiante e ultra-pop. La storia è quella del film di Deray, in cui una giovane coppia in vacanza interrompe il proprio relax per l’arrivo improvviso di un ex della donna che si porta dietro l’avvenente e giovane figlia. Prima variazione, verrebbe da dire “afona”, rispetto al modello transalpino di Deray, è la scelta di immaginare la spigolosa rockstar Marianne (Tilda Swinton) incapace di parlare a causa di un incidente, mentre la figura del produttore dei Rolling Stones e di altri pilastri musicali, è sempre un’arrogante e boriosa silhouette, in questo caso aderente alla fattezze ruvide di Ralph Fiennes, qui in fastidiosa versione iperattiva e cialtronesca.

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A Bigger splash, il cui titolo si ispira a una serie di quadri di uno dei capostipiti della pop art anglosassone, David Hockney, è indeciso sin da subito se seguire la via di una parodia ipercarica delle recenti satire corrosive iberiche (penso ad Alex de la Iglesia) o se prendersi sul serio con tutti i rischi che ciò comporta. Primo fra tutti le interpretazioni ossessive e forsennate di Fiennes e Swinton, l’indole svenevole di Dakota Johnson e l’imperturbabile appeal di Matthias Schoenaerts. Guizzante come i corpi nudi dei protagonisti bagnati dalle acque della piscina, il film è sprofondato nella luce del territorio vulcanico dell’isola, avamposto in cui si consuma una lotta tra desiderio e ragione e in cui un incontro tra vecchi amici finisce soffocato nel sangue. C’è troppo di tutto nella pellicola di Luca Guadagnino: troppo blu, troppo sale, troppo pathos e, soprattutto, poca verosimiglianza. È il caso di dire che il troppo stroppia e non farebbe male al regista di Io sono l’amore tornare al “mesotes” aristotelico. Tra personaggi schizofrenici, markette a tutto spiano, ambiziosi e mal riusciti risvolti politici e un finale in cui si è indecisi fino all’ultimo se ridere o piangere, il film corre letteralmente come un treno lanciato a tutta velocità, sfidando spesse volte il buon senso e la logica della narrazione.

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A Bigger splash è un’occasione persa, nonostante il film provi a mantenersi a galla attraverso un ancoraggio agli stilemi del cinema bis italiano e provi, con ogni mezzo a disposizione, a imbastire, sul territorio della commedia a tinte forti, una critica alla moderna società congestionante. Accolto tiepidamente a Venezia, tra timidi applausi e parecchi fischi, il film diverte per l’accecante prologo, ma non mantiene le promesse e si perde in un barocchismo d’insieme che stanca presto. Ed ecco la trama: Marianne (Tilda Swinton) è una stella del rock in convalescenza dopo un incidente che l’ha resa quasi completamente afona. E’ in vacanza con il compagno Paul (Matthias Schoenaerts) a Pantelleria, ma l’arrivo del suo ex Harry (Ralph Fiennes) che si porta dietro la figlia adolescente Penelope (Dakota Johnson) farà rinascere vecchi rancori e odi sopiti.

 

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