La seconda opera cinematografica di Rocco Papaleo “ Una Piccola impresa meridionale” narra di una microrivoluzione che avviene in un contesto problematico. Il messaggio di speranza che il film intende trasmettere è interamente racchiuso nella colonna sonora: il brano intitolato “Dove cadono i fulmini” della giovane e particolarissima artista Erica Mou. Tra i tanti spunti di riflessione contenuti in “Una Piccola impresa meridionale” colpisce un elemento sempre presente e in connessione con le vicende di tutti: la musica. Cantata, suonata, pensata, sognata, voluta, desiderata la musica è un punto di riferimento in qualsivoglia momento e la colonna sonora rappresenta proprio la descrizione del ruolo della musica nelle nostre vite, attraverso l’uso della voce e delle parole. Scelta da Papaleo come innesto al film, la canzone viene proposta durante una sequenza di frame molto significativi, in cui ciascun personaggio si mostra per quello che è davvero mentre la freschezza della voce di Erica si diffonde, spargendosi tra occhi, orecchie e cuore.
Il fulmine acquisisce, in questo contesto, diverse chiavi di lettura: può essere un’improvvisa illuminazione esistenziale ma anche un problema che può rappresentare l’occasione giusta per proporre una nuova sfida a sé stessi e possibilmente vincerla. Il fango in cui le scarpe si bloccano sono i momenti di stallo e di apparente crisi che ci tengono fermi al palo e non ci fanno andare avanti. Eppure il richiamo del mare della vita è sempre più forte e sempre più chiaro anche quando esso ci sembra più lontano. Tratto dall’album “Contro le onde”, prodotto da Davide Dileo Boosta, il brano “Dove cadono i fulmini” acquisisce, se possibile, ancor più intensità, nelle scene del video, girato anch’esso da Papaleo, in cui Erica, bendata e di rosso vestita, si aggira in una location incontaminata in cui sarà ancora una volta il mare a portarla verso la meta della felicità. Il sentimento umano di riverenza all’ideale di una vita in cui si vorrebbe fare e disfare il proprio modo di essere e di stare al mondo deve arrendersi al fatto che “non tutti i passi lasciano impronte” eppure ci servono tutti, uno per uno.
Raffaella Sbrescia