LA SCUOLA CHE VORREI E CHE NON C’E`

© olly - Fotolia.com

Anche se quel passato non è poi così remoto, le immagini della mia infanzia pian piano vengono avvolte dalla nebbia dell’oblio, ogni giorno di più. Comunque la vedo ancora; lì seduta dietro la cattedra, con i suoi capelli grigi e con il suo sguardo severo eppure così dolce. Lei era un po’ come una mamma per me, a lei devo l’amore per la scrittura, la mia passione per la conoscenza. La maestra Clara era una donna di altri tempi: non aveva voluto adattarsi alla riforma che definiva assurda… priva di fondamenti pedagogici e quindi aveva fatto di tutto per tutelare la “sua” classe dall’arrivo degli altri due insegnanti che, a suo giudizio, ci avrebbero destabilizzato. Eravamo i soli nella scuola ad avere ancora il maestro unico, ma quello idillio era durato sino alla quarta elementare quando anche lei si era dovuta adattare, poco prima di andare in pensione. Una Montessori degli anni Ottanta: questo è oggi per me la signora Clara che rappresenta quindi l’insegnante modello. Se avete letto una vena di nostalgia nelle mie parole, causata dalla consapevolezza che quella Scuola ormai non esiste più, avete colto il senso profondo del mio editoriale. Oggi i docenti sono fin troppo schiavi di progetti inutili e programmi frammentari che confondono gli alunni. A questo si aggiunge un disamore per la professione, che come un virus letale sta annichilendo tutta la categoria, causando uno stato d’inerzia che crea una società di idioti e di accodati! Fornire agli uomini e alle donne del domani gli strumenti per crescere, migliorare, perfezionarsi! Aiutare lo studente a capire quali sono le sue attitudini, facendo poi in modo che queste ultime vengano potenziate affinché tutta la società ne possa trarre beneficio! Questo il compito dell’insegnante che dovrebbe considerare l’aula come il luogo in cui si formano le coscienze collettive. La Scuola non è e non può essere utilizzata da politici senza scrupoli come un ufficio di collocamento per incompetenti.

Ma per migliorare e crescere non basta scrivere e denunciare, esprimendo come ho fatto io un’opinione. Serve l’azione. Serve un mea culpa individuale e di conseguenza collettivo. Perché se le cose non vanno come vorremmo nella Scuola e negli altri ambiti della vita sociale, la responsabilità non è solo del prossimo ma è anche la nostra che ogni giorno siamo fautori di un sistema marcio e poco meritocratico. Cominciamo, dunque, ad agire come vorremmo che gli altri facessero con noi. Se vogliamo rispetto dobbiamo dare rispetto; se vogliamo competenze dobbiamo essere competenti; se vogliamo comprensione dobbiamo essere comprensivi…

In parole povere: dobbiamo dare per primi l’esempio!

Maria Ianniciello

 

Commenti

commenti

Lascia un commento

Torna in alto