L’Olimpiade di Londra doveva essere l’Olimpiade delle donne, anche quelle finora escluse dai Giochi per motivi politici e religiosi. La partecipazione di due atlete provenienti dall’ultraconservatrice Arabia Saudita aveva dato un valore in più al 43 per cento di presenza femminile a Londra ma il sogno olimpico di una delle due potrebbe svanire prima di cominciare. Si tratta della 18enne Wodjan Ali Seraj Abdulrahim Shahrkhani, che dovrebbe gareggiare venerdì nel judo +78 Kg, attorno alla quale è montato un caso, un vero e proprio braccio di ferro tra il CIO e la federazione araba. Il Comitato Olimpico Internazionale pretende che, nel rispetto dello spirito del judo, l’atleta gareggi senza il velo, il classico hijab imposto dalla tradizione del suo Paese e dalla religione araba da lei professata. La federazione saudita, invece, ha ribadito l’obbligo, prima di tutto morale, per le atlete di vestire con abiti che rispondano ai codici di abbigliamento imposti dal Paese.
Quando fu accordato il permesso di partecipare alle Olimpiadi, il Principe Nawaf ben Faysal, presidente del comitato olimpico saudita, dichiarò di esigere che le donne del suo Paese gareggiassero vestite secondo il precetto islamico e che venissero accompagnate, e costantemente seguite, da almeno un parente prossimo. Alle donne saudite è infatti vietato viaggiare all’estero se non accompagnate da un parente maschio o da un tutore ufficiale. Nel caso della judoka Shahrkhani a Londra c’è suo padre, che la segue come un’ombra e che ha già dichiarato che la figlia non prenderà parte alle gare senza l’hijab. La Federazione judo, prendendo le parti del CIO, ha escluso che possa scendere sul tatami con il velo in quanto contrario alle regole e pericoloso per la stessa atleta.
Il dialogo tra CIO, Comitato olimpico dell’Arabia Saudita e Federazione prosegue. Si cerca una soluzione che permetta all’atleta di competere ma i tempi sono stretti e se non si perverrà ad un accordo la Shahrkhani potrebbe essere costretta a saltare la gara contro la portoricana Moria Mojica, 13esima nel ranking mondiale. I colloqui sono in corso e stanno andando nella giusta direzione, mentre la squadra saudita si stringe intorno all’atleta. In patria si parla molto della questione e una giornalista araba ha espresso rammarico se dovesse essere impedito alle prime atlete saudite alle Olimpiadi di gareggiare, suggerendo di trovare un velo adatto al judo, come ce ne sono per gli altri sport.
L’Arabia Saudita ha inviato alle olimpiadi due donne, l’altra, Sarah Attar, correrà gli 800 metri. Sharkani e Attar hanno entrambe partecipato alla cerimonia inaugurale indossando l’hijab. Sarah Atter, tuttavia, alle gare non dovrebbe avere gli stessi problemi della sua connazionale: l’atleta 18enne ha la doppia nazionalità, essendo anche statunitense e ciò le garantisce una certa elasticità, benché in passato abbia avuto problemi con il comitato olimpico saudita per aver gareggiato con un body aderente e senza velo in gare universitarie in cui ha rappresentato il team del suo ateneo a San Diego. Per la Sharkani, se non si dovesse trovare un compromesso entro venerdì, il sogno olimpico potrebbe infrangersi prima di cominciare.
Piera Vincenti
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