A dieci anni dalla scomparsa (2002 – 2012), Milano omaggia Carmelo Bene, un artista di eccezionale talento e poliedricità, rivisitando una parte della sua ampia produzione teatrale, cinematografica e televisiva, al fine di stimolare una riflessione sulla controversa eredità che ha lasciato. Visioni di Bene. La voce, il teatro, il cinema, la televisione secondo Carmelo propone un montaggio – realizzato per l’occasione – di interviste, filmati e produzioni televisive, nonché tutte le opere cinematografiche da lui dirette (5 lungometraggi e 2 corti) nell’arco di quattro giornate, con proiezioni su grande schermo e interventi dal vivo di attori, operatori o critici teatrali che hanno frequentato la sua opera. Gli eventi si svolgeranno nelle cornici suggestive del Piccolo Teatro e dell’Arianeto Castello Sforzesco. Il filo rosso di questa iniziativa rispecchia uno dei tratti caratteristici della personalità di Bene: la vocalità come ricerca, l’immagine sonora, la fisicità e la musicalità della parola, la phoné come canto poetico ed espressione dell’interiorità.
Le visioni delle performance di Carmelo Bene sono in realtà ascolto di invenzioni vocali che divengono immagine, orchestrazioni armoniche o dissonanti di parole assurte a ruolo di protagonista della scena. Carmelo Bene è stato un grande sperimentatore nell’ utilizzo originale di strumenti tecnologici che dessero forma a inedite modalità di ricezione visiva e sonora, stravolgendo abitudini e conformismi del pubblico teatrale, cinematografico e televisivo. Trasgressivo, passionale, indisciplinato, coltissimo, Bene ha scompaginato le certezze e le convenzioni del “fare spettacolo” con un’irruenza e una determinazione senza eguali nella seconda metà del Novecento italiano ed europeo.
L’esperienza scenica di Carmelo Bene si riverbera anche in altre esperienze. Ogni volta che si è confrontato con un altro mezzo (il cinema, la televisione, la radio, anche le interviste) ha sempre cercato di valorizzare lo “specifico” del medium in cui si trovava ad operare. I film di Bene, i lavori realizzati per la RAI, anche se hanno uno stretto rapporto con il teatro – o sono addirittura filiazioni dirette di uno spettacolo – sono prima di tutto cinema, televisione, radio. Non sono mai teatro “trasportato” o “adattato” o peggio “ridotto” al cinema, in tv, alla radio. In un doppio binario di pluralità – il teatro che si riverbera nelle varie esperienze extrateatrali e i diversi teatri che si susseguono nel suo teatro – va tenuto presente un paradosso. Carmelo Bene ha lavorato a una radicale ridefinizione del teatro o forse a una sorta di distruzione creativa. Il farsi del teatro di Bene è al tempo stesso il suo sfarsi: lo smontaggio di capisaldi come l’idea di testo, di rappresentazione, di personaggio. Nel suo lavoro ha messo in discussione – o meglio, ha messo in crisi – la possibilità stessa di fare teatro, dunque ha chiamato in causa la sua necessità più profonda. In questo è stato provocatorio e radicale.
Strettamente legato a questo paradosso ce n’è un secondo, apparentemente inconciliabile con il primo: Carmelo Bene è a buon diritto inserito all’interno del percorso delle avanguardie. Per certi aspetti è stato il primo a realizzare – dopo più di mezzo secolo – alcune delle utopie teatrali lanciate dai futuristi. Senza di lui, il nuovo teatro italiano forse non sarebbe neppure nato, in ogni caso molti artisti e compagnie delle generazioni successive hanno verso di lui un debito enorme. Carmelo Bene – insieme forse a Leo De Berardinis – può essere considerato l’ultimo grande attore all’italiana, l’estremo frutto di una genealogia secolare. Nella sua figura e nella sua opera si incontrano, come sovente accade con i maestri, i due estremi: l’avanguardia e la tradizione. (Foto: la locandina dell’evento – © Piccolo Teatro)