Abita a Geesthacht, Germania del Nord, un mio amico tedesco. Mi ha telefonato per salutarmi dall’aeroporto di Capodichino, mentre era in fuga dopo una vacanza di caldo rovente. «Vado a Magdeburg e da lì il percorso fino a casa me lo faccio in battello sul fiume Elba, per rinfrescarmi», mi dice. Approfitto dell’occasione in maniera subdola: «Come ben sai, tu ed io abbiamo del… sangue in comune, per via dei Longobardi che dalle tue parti discesero qui nel Sud Italia un po’ di secoli fa! Perciò, dato che questa volta passerai vicino ad Halberstadt, mi faresti una cortesia fraterna?». E così gli chiedo di entrare un attimo nel duomo di quella città per risolvere un mio dubbio assillante.
All’inizio degli Anni Duemila, gli spiego, fu trovato il manoscritto di una sconosciuta Sonata del compositore americano John Cage; sono giusto vent’anni che è morto, nel 1992, e voglio ricordarlo a Benevento, anche perché la sua musica ha fatto da cornice a varie mostre di un grande artista contemporaneo mio concittadino, Mimmo Paladino. Solo che Cage era un compositore del tutto informale, il ‘padre dell’indeterminismo’, e volle lasciare all’esecutore la stessa libertà che ha l’autore, quindi non ne indicò il tempo di esecuzione, ma scrisse soltanto che va eseguita ASLAP (in inglese: As Slow As Possible, cioè il più lentamente possibile). Proprio per questo, nessuno si decideva a mettersi al piano per suonarla: come si fa a suonare un brano se non si sa se deve durare cinque minuti, trenta o anche di più? Per fortuna, qualcuno fece notare che si trattava di una Sonata per organo, e la notizia arrivò alle orecchie dei governanti della città di Halberstadt, che si vanta di avere inventato nel 1361 l’organo moderno, quello a tastiere sovrapposte e pedaliera a fasce lignee. L’occasione era ghiotta per ricordare al mondo questo primato. Detto fatto, organizzarono un Convegno di Musicisti e di Matematici per far calcolare appunto la massima durata possibile per quel brano. Finite le discussioni e completati i calcoli, il 5 gennaio 2006 la Sonata venne proposta con un Concerto in prima mondiale assoluta.
L’organista entra nel duomo di Halberstadt, passa tra il pubblico delle grandi occasioni, arrivato da ogni parte d’Europa. Nella mano sinistra porta tre sacchettini pieni di sabbia, di un chilo l’uno o giù di lì. Si siede, si concentra e appoggia tre dita della mano destra su tre tasti facendo risuonare maestoso l’accordo iniziale fino alle volte della cattedrale. Poi, prima di sollevare le tre dita, con la sinistra appoggia lentamente un sacchettino di sabbia su ciascuno dei tre tasti, in modo che, premuti da quei pesi, continuino a suonare. E mentre il suono continua, lui si alza e se ne va, inchinandosi al pubblico sbalordito. Dopo qualche minuto di imbarazzo, il Sindaco invita tutti a tornare in cattedrale otto mesi dopo, il 5 settembre 2006, quando l’organista tornerà per proseguire il Concerto col secondo accordo della Sonata. “Più lentamente di così non è possibile, stando ai calcoli matematici”, assicura il Sindaco, contento che l’indicazione ASLAP di John Cage venga rispettata in pieno.
Ecco perché ho chiesto al mio amico di Geesthacht di andare un momentino a verificare se il Concerto sta continuando. Ma lui se ne è dimenticato, così come, il 5 settembre 2006, io stesso mi dimenticai di andare a sentirne il prosieguo.
Comunque, di tempo ne ho ancora, perchè il Concerto di Halberstadt durerà per altri sei secoli, fino al 2640. Dopo di che non ci sarà più niente da fare, il concerto me lo sarò perso, definitivamente. Salvo che qualcuno non ne chieda il bis.
Elio Galasso