Monti e Marchionne si preparano all’incontro in programma a Palazzo Chigi sabato 22 settembre 2012. Sarà un incontro-dibattito in cui l’amministratore delegato del Lingotto spiegherà la bontà delle ultime scelte strategiche della casa automobilistica torinese, in modo particolare l’acquisizione del Gruppo Chrysler che ha dato nuovo prestigio e nuovi introiti alla Fiat. Proprio dalle vetture americane, infatti, il Lingotto sta ottenendo i margini maggiori di crescita tanto che il mercato statunitense potrebbe rappresentare la vera soluzione ai problemi della Fiat.
Marchionne, al suo rientro in Italia da Detroit, ha stilato cinque punti fondamentali su cui chiedere assicurazioni al Governo. Da parte dell’ad non ci sarebbe la volontà di lasciare l’Italia, né quella di ricevere altri soldi pubblici, ma il bisogno che vengano garantite determinate condizioni di sviluppo: minore conflittualità sindacale, completa applicabilità dei nuovi contratti di lavoro, introduzione della cassa integrazione in deroga, possibilità di accesso al credito per gli investimenti senza la tassa dello spread, ovvero a tassi più vicini a quelli praticati negli Stati Uniti o in Germania.
Fin qui le possibili richieste di Marchionne. Monti intanto prepara la controffensiva. Il primo punto in suo favore potrebbe essere rappresentato dai referendum tra i lavoratori di Pomigliano e Mirafiori sui nuovi contratti di lavoro, svoltisi quando alla guida del Paese c’era ancora Berlusconi. In quell’occasione il Governo aveva lasciato carta bianca alla Fiat in cambio della promessa che i livelli occupazionali italiani non sarebbero calati. Inoltre, il Presidente del Consiglio potrebbe usare come arma la ricerca pubblicata ieri dalla Cgia di Mestre secondo la quale dal 1977 la Fiat ha ricevuto dallo Stato circa 7,6 miliardi sotto varie forme, investendone solo 6,2.