Paolo Giordano, autore de La solitudine dei numeri primi, sta per uscire con un nuovo, attesissimo romanzo, Il corpo umano (Mondadori, pp. 312, € 19,00), che sarà in libreria il 12 ottobre 2012 ma è già prenotabile su internet.
«Nel dicembre del 2010 ho intrapreso un viaggio in Afghanistan insieme ai militari italiani, con l’idea di scriverne un breve reportage – spiega Paolo Giordano – Per pura coincidenza, o per destino, ho raggiunto un avamposto ancora poco esplorato dai civili a sud del Paese, nel distretto del Gulistan, al centro di un deserto circondato da montagne. Alla fob “Ice” – questo il nome dell’avamposto – ho incontrato ragazzi della mia età. Mi sono accorto che, se è vero che ogni generazione ha la sua guerra, il conflitto in Afghanistan appartiene alla mia. Ho immaginato me stesso al posto dei soldati, in quel contesto paradossale, e al ritorno ho iniziato a scrivere Il corpo umano. L’energia delle suggestioni che avevo ricevuto in appena dieci giorni trascorsi laggiù si è rivelata più forte di ogni paura o riluttanza e mi ha trascinato fino al termine, un anno e mezzo dopo. Il risultato è un romanzo di guerra, anzi, un romanzo sulla guerra, nelle sue molteplici incarnazioni: la guerra propriamente detta, quella dell’Afghanistan; la guerra dei rapporti intimi, affettivi e famigliari; e la guerra, invisibile e pericolosissima, contro se stessi. I molti personaggi della storia sono ognuno alle prese con il doloroso passaggio fra l’essere giovani e il ritrovarsi d’un tratto adulti, cambiati, con responsabilità che ancora non vorrebbero o non sono pronti ad assumere».
È un plotone di giovani ragazzi quello comandato dal maresciallo Antonio René. L’ultimo arrivato, il caporalmaggiore Roberto Ietri, ha appena vent’anni e si sente inesperto in tutto. Per lui, come per molti altri, la missione in Afghanistan è la prima grande prova della vita. Al momento di partire, i protagonisti non sanno ancora che il luogo a cui verranno destinati è uno dei più pericolosi di tutta l’area del conflitto: la forward operating base (fob) Ice, nel distretto del Gulistan, “un recinto di sabbia esposto alle avversità”, dove non c’è niente, soltanto polvere, dove la luce del giorno è così forte da provocare la congiuntivite e la notte non si possono accendere le luci per non attirare i colpi di mortaio. Ad attenderli laggiù, c’è il tenente medico Alessandro Egitto. È rimasto in Afghanistan, all’interno di quella precaria “bolla di sicurezza”, di sua volontà, per sfuggire a una situazione privata che considera più pericolosa della guerra combattuta con le armi da fuoco. Sfiniti dal caldo, dalla noia e dal timore per una minaccia che appare ogni giorno più irreale, i soldati ricostruiscono dentro la fob la vita che conoscono, approfondiscono le amicizie e i contrasti fra loro, cercano distrazioni di ogni tipo e si lasciano andare a pericolosi scherzi camerateschi. Soltanto la notte, sdraiati sulle brande, vengono sorpresi dai ricordi. Nel silenzio assoluto, che è silenzio della civiltà ma anche della natura, riescono a sentire la pulsazione del proprio cuore, il ronzio degli altri organi interni – l’attività incessante del corpo umano. L’occasione in cui saranno costretti a addentrarsi in territorio nemico sarà anche quella in cui ognuno, all’improvviso, dovrà fare i conti con ciò che ha lasciato in sospeso in Italia. Al loro ritorno, avranno sorpassato irreversibilmente la linea che separa la giovinezza dall’età adulta. In un romanzo corale, che alterna spensieratezza e dramma, Giordano delinea con precisione i contorni delle “nuove guerre”. E, nel farlo, ci svela l’esistenza di altri conflitti, ancora più sfuggenti ma non meno insidiosi: quelli familiari, quelli affettivi e quelli sanguinosi e interminabili contro se stessi.