Il mio cellulare squilla, una voce che subito riconosco mi dice: «Professore, la chiamo per chiederle scusa, non verrò da lei, s’è fatto tardi». Rispondo: «Stavo per farlo pure io, infatti non avremmo più il tempo per dare insieme uno sguardo alla città. Tra poco verrò a sentirla». Sento un sospiro di sollievo e poi due domande: «Lei si occupa di jazz? Allora non metterà il discorso su mio padre? Sa com’è, tutti col fucile puntato su di me». Lo sorprendo: «Ma che padre, piuttosto le chiederei di sua figlia!». Con me al telefono era Romano Mussolini, figlio del Duce, ottimo pianista jazz, poco prima del suo concerto a Benevento qualche mese prima che morisse. Ma non mi ero riferito alla onorevole Alessandra, la figlia che aveva avuto da Maria Scicolone sorella di Sofia Loren, piuttosto a Rachele Mussolini avuta dalla seconda moglie. Quest’altra figlia, di nome Rachele come la nonna, mi è tornata in mente, adesso che è tempo di Miss Italia, perché si diceva che proprio Romano le aveva vietato nel 1996 di partecipare al Concorso di Miss Italia a cui aveva diritto, avendo vinto il titolo di “Prima Miss dell’Anno”.
Al concerto ebbi appena il tempo di salutarlo e di chiedergli chi fosse il pianista jazz suo preferito. Mi rispose Oscar Peterson, per niente congeniale ai miei interessi per il free jazz e per la musica informale, tant’è che per trovare un punto d’incontro gli nominai Thelonious Monk, ma egli precisò: «Ho suonato con qualcuno di loro, delle avanguardie, per esempio Dizzie Gillespie, ma non bene, credo perché non so leggere la musica». Una scusa non pertinente, in nessun concerto jazz si seguono spartiti. E poi, Gillespie non rientra nelle vere e proprie avanguardie (menomale che non aveva detto avanguardisti, pensai).
La risposta sul divieto alla ragazza mi aspettavo di trovarla nel recente libro Mia nonna e il Duce che proprio lei, Rachele Mussolini – “Miss Rachele” come gli amici chiamano questa affascinante donna dagli occhi verdi, oggi trentottenne – ha pubblicato per Rizzoli riportando inedite memorie di famiglia, specialmente quelle di sua nonna Rachele, prima moglie di Benito, morta nel ’79 quando l’Autrice aveva solo cinque anni. E invece, nel libro trovo fra l’altro il ricordo di un singolare contatto a distanza tra il Duce e Padre Pio, un miracolo praticamente ‘commissionato’ al Santo sannita, la guarigione della figlia Anna Maria affetta da poliomielite. Il libro si apre proprio così.
Da vivo, Padre Pio non fece mai miracoli per i politici, anche perchè nessuno di loro si azzardò mai ad andare da lui rischiando di essere senz’altro rimandato al suo….paese. Sicuro è invece quello che successe alla piccola malata Anna Maria Mussolini sorella del jazzista Romano, arrivata quasi in fin di vita, tra lo sconforto della famiglia. Il Duce stava cadendo in depressione, vista l’inefficacia delle cure mediche, e fu così che il suo pensiero andò a Padre Pio. Da Capo del Governo non aveva certo il tempo di andare al Convento di San Giovanni Rotondo. Ci mandò sua moglie, donna Rachele l’amatissima nonna della nostra Miss, che commosse il Frate di Pietrelcina fino al punto di non fargli avvertire che si trattava di un ordine di natura quasi politica: una depressione del Duce cosa avrebbe determinato in Italia e nel mondo? Il quel fatidico 1936 era in atto la conquista dell’Etiopia. Conclusione, Anna Maria non guarì del tutto, ma visse ancora per oltre trent’anni fino al 1968. Niente male, come miracolo.
Singolare la reazione del Duce alla notizia che Padre Pio, un santo vivente, si era messo, per così dire, a sua disposizione. Leggo nel libro di Miss Rachele che suo nonno, appena ebbe la bella notizia al rientro della moglie, si ritirò in camera da letto e andò a baciare “con devozione” la corona del rosario! Di nascosto, ovviamente…
Elio Galasso