“Io non ritraggo paesaggi, ma i segni e la memoria dell’esistenza”
Mario Giacomelli
Si è aperta ieri, 12 settembre 2012, e si chiuderà il 20 gennaio 2013 presso il Museo di Roma in Trastevere la mostra “Mario Giacomelli. Fotografie dall’archivio di Luigi Crocenzi”, esposizione di 90 immagini e di 13 lettere e documenti del celebre fotografo marchigiano promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico – Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale in collaborazione con il CRAF- Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia.
L’esposizione è a cura di Walter Liva. Organizzazione e servizi museali sono di Zètema Progetto Cultura. Catalogo Litho Stampa.
Per tutta la vita ha continuato a definirsi un tipografo eppure è considerato il più grande fotografo italiano del Novecento fin da quando, nel 1963, il curatore del MoMA di New York acquisì per il Museo la serie Scanno, inserendo anche una fotografia nel prestigioso catalogo Looking at Photographs. Mario Giacomelli (Senigallia, 1925 – 2000) sfugge a ogni scuola o definizione, la sua è un’arte fotografica senza precedenti, in cui le immagini sottolineano l’aspetto emotivo della realtà.
Le immagini e i documenti in mostra sono stati selezionati tra i materiali che il CRAF ha acquisito nel 1995 con l’archivio di Luigi Crocenzi costituito da lettere, libri e fotografie che l’uomo di cultura fermano aveva raccolto nel corso degli anni. Tra questi materiali spicca per il suo enorme valore il corpus di oltre 250 vintages realizzati da Mario Giacomelli dagli anni ’50 alla fine degli anni ’70. Giacomelli e Crocenzi furono legati da un profondo rapporto di amicizia che si tradusse anche nella collaborazione alla sceneggiatura di Un uomo una donna un amorenel 1961 e di A Silvia nel 1963.
Nella prima parte della rassegna vengono presentate le serie di fotografie degli anni ’50: Prime fotografie, Nudi, Mare, i Paesaggi (che si sono poi riproposti lungo tutta la vita artistica di Giacomelli), Puglia, Gente dei campi, risalenti a quegli anni e quindi Lourdes (1957) e Scanno. Seguono quindi Mattatoio (1961), Io non ho mani che mi accarezzino il viso (1962-63), A Silvia (1964), La buona terra (1964-65), Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Motivo suggerito dal taglio dell’albero (1967-69), Caroline Branson (la serie realizzata tra il 1971 e il 1973), fino aStudenti (del 1977).
Nel momento in cui Giacomelli organizzò il suo discorso come simbolico, (Arturo Carlo Quintavalle, Mario Giacomelli, Giangiacomo Feltrinelli Editore, Milano, 1980, pag.64) superò l’estetica crociana che Giuseppe Cavalli aveva portato “a un livello superiore di gusto e di espressione” (Giuseppe Turroni, Guida alla critica fotografica, Il castello, 1980, pag.52) e spostò il suo messaggio verso un espressionismo fotografico che esasperava l’aspetto emotivo della realtà sottolineato dai contrasti, dai segni ed inoltre, al pari di Federico Fellini nel cinema, Giacomelli ribaltò completamente anche il punto di vista del neorealismo introducendo nelle immagini una nuova poesia tonale, anche onirica e realizzando racconti fotografici che si esprimevano sia nei ritratti sia nei paesaggi.
Mario Giacomelli era il maggiore di tre fratelli e all’età di 9 anni perse il padre. Fu in quel periodo che incominciò a dipingere e a scrivere poesie e la madre da parte sua trovò lavoro come lavandaia presso la casa di riposo della città marchigiana, mentre lui a tredici anni iniziò a lavorare alla Tipografia Marchigiana, rimanendo affascinato dalle tante possibilità di comporre parole e immagini offerte dalla stampa. Per tutta la vita lavorò nella stessa Tipografia Marchigiana divenendone il proprietario e si dedicò alla fotografia soltanto nel tempo libero e tutti i giorni dopo cena, prima fotografando i dintorni di Senigallia, quindi stampando provini nei quali individuava il punto interessante e lo andava ad ingrandire e quindi stampava. Nel 1955 venne premiato a Castelfranco Veneto e a Spilimbergo e dopo che John Szarkowsky, il curatore del MoMA di New York acquisì per il Museo nel 1963 la serie Scanno, Giacomelli acquisì una enorme fama in Italia e all’estero.
La mostra è stata ospitata a Spilimbergo e all’International Centre of Graphic Arts (MGLC) di Ljublijana in occasione del Festival di Fotografia Photon.