Grande successo ieri sera, 6 ottobre 2012, ad Avellino per la lectio magistralis di Massimo Cacciari, che ha chiuso il ciclo di incontri dal titolo “L’uomo tra fragilità e l’autoaffermazione”. Le prime due giornate si sono concentrate sulla lettura esegetica e antropologica del libro del Qoèlet mentre Cacciari si è soffermato sul tema dello “Spirito del sorriso. Gesù ride?”. Per l’ex sindaco di Venezia si è trattato della nona volta nel capoluogo irpino.
«La mia presenza è diventata un appuntamento fisso per gli avellinesi, che rispondono sempre con calore», ha dichiarato Cacciari prima dell’incontro. Sul tema del riso nell’Annuncio della salvezza ha detto: «Gesù non ride, questo aspetto non è mai riportato nei Vangeli. Ciò che bisogna capire è se era austero, severo, oppure se c’è un’altra forma di riso che si addice alla figura di Gesù».
A tenere banco anche la questione politica italiana: «Su questo c’è poco da ridere e da fare ironia. Abbiamo bisogno di un cambiamento ma è impossibile pensare di rottamare i politici attuali se non si hanno personalità con cui sostituirli. Il cambiamento deve essere graduale. Bersani e Renzi si rendono conto che riproporre il vecchio Ulivo non è la soluzione. L’accorpamento delle provincie di Avellino e Benevento? Credo che le provincie vadano abolite laddove esiste una città metropolitana. Sicuramente la questione provocherà grande confusione».
La lectio magistalis parte dalla questione sollevata dal filoso russo Rozanov che nell’800 sollevò la questione del sorriso e della gioia in Gesù e nei Vangeli. Il tema del “Cristo che non rise mai” si è ripresentato nella cultura contemporanea, che si è interrogata sull’umanità di Gesù, figura che non si vede mai sorridere.
«Le forme del riso classificate dalla filosofia non si adattano alla figura di Gesù. L’unica che potrebbe essergli accostata è quella teorizzata da Nietzsche in Zaratustra, un riso che assolve ed è autoironico, che non distrugge se stesso e gli altri ma crea. L’ironia di Gesù si trova nelle parabole perché, anche quando il significato è esplicitato; i paragoni effettuati non possono non suscitare un sorriso. Nelle parabole Gesù ci invita a sorride di un sorriso che chiede di cercare il senso della vita. Il riso è l’ironia che si manifesta nel linguaggio parabolico ed è escatologica. San Francesco ha compreso teologicamente l’importanza della gioia nell’annuncio e in Gesù, il cui messaggio non avrebbe avuto la stessa forza senza il riso. Gesù è nella misura in cui è lieto. Dante ha capito questa dimensione nel senso escatologico, un riso che domina nel Paradiso e non nella vita, come invece aveva compreso Francesco. Il riso di Gesù è estremamente connesso alla sua sofferenza, e qui ritorna la sua umanità e la sua concretezza».
Cacciari ha concluso così la sua lectio magistralis, ribaltando l’affermazione di Rozanov e mostrando come il sorriso e il riso siano qualità insiste nel messaggio e nella figura di Gesù, che se rise lo fece in una maniera più sottile e coinvolgente.
Piera Vincenti