La famiglia Esposito all’apparenza è una famiglia napoletana come tante altre, numerosa e chiassosa, perfettamente integrata nel tessuto sociale del quartiere Sanità, lo stesso in cui è nato il principe della risata, Totò. Ma la famiglia Esposito ha qualcosa che la distingue dalle altre, è una famiglia camorrista. Tonino, il protagonista principale, è figlio orfano di un boss e vive facendo l’estorsore, cosa che però non gli riesce molto bene. Benvenuti in casa Esposito, come spiega l’autore Pino Imperatore, non è il solito libro su Napoli e la camorra, è un romanzo che descrive con ironia e un pizzico di irriverenza un tema delicato come quello della criminalità organizzata, e soprattutto lo descrive dall’interno.
«Ho deciso di scrivere la storia dal punto di vista dei “cattivi” perché nessuno lo aveva mai fatto – racconta Imperatore, che ha presentato il romanzo presso il Caffè Lettarario di Avellino – Il mio intento primario era indagare e comprendere le dinamiche interne di una famiglia camorrista. Spesso si trasformano in belve e commettono azioni ignobili, ma in fondo anche loro sono esseri umani che vivono in un contesto sociale, hanno delle relazioni. Allora mi sono chiesto quali dinamiche ci sono alla base dei rapporti che i criminali intrattengono con i parenti e con l’esterno e ho cercato di capire se all’interno del nucleo familiare possa esserci una certa forma di dissenso verso il sistema. Dall’esterno si ha l’impressione che queste famiglie siano granitiche, compatte nel difendere gli interessi illegali e che non ci sia possibilità di contestare certe scelte. Durante le ricerche per il libro e dopo, presentandolo nelle associazioni anti-camorra, ho appreso che il fenomeno del dissenso interno esiste ma chi si ribella spesso viene messo a tacere con la violenza e l’omicidio. Eppure, questo è un elemento sul quale insistere per sconfiggere la criminalità e arrivare veramente al cambiamento, alla rinascita».
La Napoli descritta da Pino Imperatore non è né idealizzata né demonizzata, come spesso accade nei libri di denuncia, viene semplicemente descritta per quella che è, un luogo vivo e pittoresco. «Napoli è un teatro vivente – dice l’autore – Io l’ho vissuta e la vivo quotidianamente perciò ho una conoscenza molto approfondita anche di quei quartieri a rischio, come la Sanità, che è un posto speciale, unico, sia per il patrimonio umano che per quello storico-artistico-architettonico che conserva. Anche le dinamiche della napoletanità mi sono molto familiari e le ho descritte talmente bene che molta gente ha detto di ritrovare se stesso o qualche conoscente e amico nei miei personaggi».
Raccontare un fenomeno negativo come la camorra in chiave ironica è stata un’enorme sfida. Pino Imperatore l’ha vinta. «Spesso le fiction televisive idealizzano le figure dei boss e dei malavitosi in generale e li trasformano in personaggi mitici. Questo è gravissimo. Io ho corso il rischio opposto, quello di rendere il camorrista troppo simpatico, ma non ho mai mancato di sottolineare che, nonostante la sua inettitudine, Tonino è un criminale e questo va sempre condannato. Il mio intento è dimostrare quanto i malavitosi siano gente ridicola. Hanno soldi ma vivono costantemente nella paura di essere arrestati o ammazzati dai rivali e per questo si costruiscono delle prigioni dorate da cui difficilmente possono uscire. E le costruiscono su quello stesso territorio che hanno contribuito a inquinare e devastare».
Napoli, come emerge dal romanzo Benvenuti in casa Esposito, non è solo camorra, ma è una città bellissima e ricca di storia e tradizioni. «È stato molto apprezzato il fatto che sono riuscito a confermare che Napoli ha dei problemi, sottolineando però lo straordinario potenziale umano e culturale che veicola al suo interno. Napoli è una città positiva e ciò traspare dalle parole e dalle esperienze dei personaggi: ci sono storia, arte, cultura, tradizioni che la rendono unica nel suo genere. Nel romanzo ho descritto un posto che anche i cittadini conoscono poco, il Cimitero delle Fontanelle, un luogo simbolo dello stretto rapporto tra i napoletani e l’al di là. In quel cimitero sono conservati migliaia di corpi di persone di cui non si sa nulla. A loro ho dedicato il mio libro».
Un ruolo fondamentale nella famiglia Esposito è svolto dalle donne. Imperatore spiega la funzione che intrattengono all’interno delle organizzazioni criminali. «La condizione della donna sta cambiando anche là, stanno iniziando ad assumere sempre più un ruolo di comando, a differenza di quanto avveniva in passato quando rimanevano dietro le quinte. Le organizzazioni criminali, tuttavia, hanno una struttura molto maschilista, sia verso le donne che verso i gay che sono mal tollerati. Nel mio secondo romanzo, Bentornati in casa Esposito, che uscirà a febbraio, approfondirò proprio il ruolo delle donne all’interno della camorra». A breve ci sarà un seguito, quindi, ma le sorprese non finiscono qui perché Benvenuti in casa Esposito presto diventerà un film o una serie televisiva.
Molto è stato detto e scritto sulla camorra. Tanti i libri di denuncia che hanno mostrato solo un aspetto di Napoli, quello negativo. «Parlare e denunciare è fondamentale, bisogna farlo sempre – spiega Imperatore – Restare in silenzio significa fare il gioco della camorra. Ma parlare solo di ciò che non funziona è altrettanto sbagliato. Bisogna trovare una via di mezzo, denunciando i problemi ma non dimenticando che ci sono anche tantissime realtà positive. Ma queste cose, insieme all’impegno dei cittadini onesti, non fanno notizia. Basti pensare che proprio nei quartieri più a rischio, come la Sanità, Scampia, Forcella ecc. sorgono il più alto numero di associazioni, sia religiose che laiche, che si danno da fare per difendere il bene pubblico e migliorare la qualità della vita della comunità».
Piera Vincenti