Diffuso dall’Istat il rapporto sugli incidenti stradali relativi all’anno 2011, che in Italia sono stati 205.638 con lesioni a persone. Il numero dei morti (entro il 30° giorno) è stato di 3.860, quello dei feriti ammonta a 292.019 – si legge ne rapporto. Rispetto al 2010, si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti (-2,7 per cento) e dei feriti (-3,5 per cento) e un calo più consistente del numero dei morti (-5,6 per cento). Nel 2011 la diminuzione del numero di morti, rispetto al 2001, risulta pari al 45,6 per cento. Rispetto all’obiettivo fissato dall’Unione Europea nel Libro Bianco del 2001, che prevedeva la riduzione della mortalità del 50 per cento entro il 2010, benché sia vicina a questo traguardo, l’Italia non ha ancora raggiunto tale livello.
L’indice di mortalità si mantiene superiore alla media giornaliera (1,9 decessi ogni 100 incidenti) per tutto l’arco di tempo che va dalle 21 alle 7 del mattino, raggiungendo il valore massimo intorno alle 5 del mattino (6,0 decessi ogni 100 incidenti). La domenica è il giorno nel quale si registra il livello più elevato dell’indice di mortalità (2,8 morti per 100 incidenti). Considerando la fascia oraria notturna (compresa tra le 22 e le 6 del mattino), il livello più elevato dell’indice di mortalità è raggiunto la domenica notte (3,8 morti per 100 incidenti) e il venerdì e sabato notte (3,6 e 3,5 morti per 100 incidenti).
In 7 casi su 10 (69,7 per cento) le vittime sono i conducenti di veicoli, nel 15,3 per cento i passeggeri trasportati e nel 15,1 per cento i pedoni. Tra i 2.690 conducenti deceduti a seguito di incidente stradale, i più colpiti sono individui compresi nella fascia di età tra i 20 e i 39 anni (1.003 in totale); in particolare i giovani 20-24enni e gli adulti tra i 35-39 anni (con picchi di mortalità rispettivamente di 263 e 275 morti). Si rileva, inoltre, rispetto al 2010, un aumento, del 7,2 per cento dei conducenti di biciclette morti in incidenti stradali. La categoria di veicolo più coinvolta in incidente stradale è quella delle autovetture (66,1 per cento); seguono i motocicli (14,0 per cento), i ciclomotori (5,4 per cento) e le biciclette (4,5 per cento).
A commentare i dati diffusi dall’Istat è Legambiente, che sottolinea come anche sulla prima causa di morte (la velocità) dallo studio non emergono indicazioni chiare e una proposta di intervento per il futuro. « Le statistiche sugli incidenti enfatizzano la diminuzione di morti e feriti e trasmettono l’errata sensazione che le strade siano più sicure. Non è così – commenta l’associazione – Qualunque sia la causa, a determinare l’esito di un incidente è sempre la velocità. Una distrazione a 20 chilometri orari provoca perlopiù lividi ed escoriazioni, una distrazione a 50 all’ora uccide un pedone o un ciclista sette volte su dieci». Che fare dunque? «Se l’intenzione delle pubbliche amministrazioni, locali e nazionali, è davvero quella di ridurre il numero di incidenti mortali bisogna cominciare a ridurre la velocità, almeno all’interno delle città dove si verificano i tre quarti dei sinistri», conclude Legambiente.
Sulla stessa scia anche il Codacons che evidenza come la questione della sicurezza stradale sia ancora una priorità nel nostro paese. «Servono misure in grado di ridurre il numero di incidenti, morti e feriti sulle strade italiane – afferma il Presidente Codacons, Carlo Rienzi – Per tale motivo i Comuni devono installare il sistema di rilevamento della velocità “Tutor” sulle arterie più pericolose, e anche i tratti stradali gestiti dall’Anas devono dotarsi di tale strumento. Grazie al Tutor infatti gli incidenti e la mortalità sui tratti stradali dove è stato installato tale strumento si sono drasticamente ridotti, con benefici immensi sul fronte della sicurezza stradale».