OBAMA-ROMNEY: TESTA A TESTA NEI SONDAGGI

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Sono giorni frenetici. Barack Obama e Mitt Romeny stanno correndo la loro personale maratona, quella che porterà il vincitore alla Casa Bianca. Il percorso prevede una serie di tappe in diversi stati degli Usa, dove i due candidati terranno gli ultimi comizi in vista del voto di domani, 6 novembre 2012. Decisivi saranno gli swing states, dove sia Obama che Romney si stanno recando nei giorni che precedono l’election day.

Il candidato repubblicano ci crede e attacca il presidente su uno degli argomenti che sta più a cuore agli americani, l’economia. Nello Iowa ha ricordato gli insuccessi di Obama che «doveva creare posti di lavoro ma invece ha ucciso l’occupazione. Doveva ridurre della metà il deficit, lo ha raddoppiato. Aveva detto che il tasso di disoccupazione sarebbe stato adesso al 5,4 per cento, abbiamo invece appreso che è salito al 7,9 per cento. Ci sono 9 milioni di posti di lavoro in meno rispetto a quelli promessi». Più o meno le stesse parole sono state ripetute nel New Hampshire, dove Romney si è presentato come l’uomo delle nuove opportunità.

Secca la replica di Obama, che non ci sta a subire le pressioni del suo avversario e rilancia accusano Romney «di portare avanti idee vecchie» e riprendendo lo slogan adottato in campagna elettorale, quello del cambiamento. «Ridare più potere alle grandi banche non è cambiamento – dice il presidente, che si rivolge soprattutto alla classe media – Altri 5 trilioni di tagli fiscali per favorire i più ricchi, non è cambiamento. Non rispondere nel dettaglio su questioni di politica interna ed estera fino alla fine delle elezioni, non è cambiamento». Anche Obama ci crede, ma è pur vero che l’entusiasmo suscitato nel 2008 non c’è più. La sua ricandidatura è stata accolta con freddezza anche tra le fila dei democratici che, se quattro anni fa inseguivano sogni come “Hope” e “Change”, adesso devono accontentarsi di un più generico “Forward”, avanti, nuovo slogan di Obama.

Sarà un testa a testa fino alla fine, quindi, tra il presidente e il candidato repubblicano, appaiati nei sondaggi. Ciò che maggiormente si teme è che si ripeta un nuovo “2000”, quando George W. Bush fu eletto dal Collegio ma non dalla gente, e andò a formare un governo perennemente in bilico. Anche per questo motivo, entrambi i candidati hanno inviato in tutti gli stati schiere di legali, pronti a contestare il voto e fare gli interessi del proprio assistito.

E mentre da più parti si invoca un cambiamento del sistema elettorale, ritenuto obsoleto e macchinoso, Obama e Romney continuano a rimanere sostanzialmente vicini nei sondaggi, che danno in leggero vantaggio il presidente, soprattutto nel decisivo Ohio dove il repubblicano ha perso terreno in seguito alla polemica sul presunto trasferimento della Jeep in Cina.

Intanto sono già 25 milioni gli americani che in 34 Stati e nel District of Columbia (dove si trova la capitale federale Washington) hanno espresso il loro voto grazie all’early voting. La preferenza è stata espressa recandosi ai seggi o per posta, sistema questo contestatissimo. Nel decisivo Ohio, le persone che hanno ricevuto il modulo via posta potrebbero recarsi alle urne anche domani ma, in questo caso, il loro voto sarebbe provvisorio, in attesa che sia verificato che non abbiano votato due volte. L’operazione richiede 10 giorni così non sarebbe possibile capire chi abbia vinto l’Ohio prima di circa due settimane.

Al momento, in questo stato hanno già votato 1,3 milioni di persone, di cui il 29 per cento elettori democratici e il 23 per cento repubblicani. Tra gli altri stati chiave per la vittoria finale, in Florida hanno già espresso la loro preferenza 3,5 milioni di elettori, di cui il 43 per cento di elettori registrati tra i democratici e il 37 per cento tra i repubblicani.

Piera Vincenti

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