QUANDO IL BOIA FA GIUSTIZIA…

LA PENA CAPITALE NELLA STORIA

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A una giovane donna, colpevole di un duplice omicidio, sta per essere iniettato un potente veleno letale quando arriva una telefonata che decreta, almeno per un breve ma intenso istante, la sospensione della pena capitale. Poche ore dopo, il consiglio della corte suprema riunitosi in seduta straordinaria decide di giustiziare Cindy Liggett (questo il nome della ragazza). Siamo negli Stati Uniti e la scena è tratta dal film “Difesa ad oltranza” del 1996 con Sharon Stone.

Un’interpretazione magistrale quella dell’attrice statunitense che non può lasciare indifferente lo spettatore, il quale comincia a porsi una serie di domande, del tipo: E`giusto ammazzare un omicida, commettendo così un altro crimine che però è legittimato solo perché è lo Stato a farlo? Mentre qualcun altro afferma: «Io, se fossi un parente della vittima, chiederei a gran voce la morte dell’assassino; per poter giudicare bisogna provare certe sensazioni. E chi perde un figlio non può darsi pace».

In questa sede non intendiamo stare dall’una o dall’altra parte, ma vogliamo raccontarvi solo la storia della pena capitale che si perde nella notte dei tempi…nelle comunità preistoriche dove però non c’erano codici scritti. Secondo la tradizione giudaico-cristiana, il primo omicida della storia è stato Caino, il quale viene “protetto” da Dio.

“[…] Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise. Allora il Signore disse a Caino: «Dov’è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono? Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l’avesse incontrato. Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden […]”.

Tuttavia la prima vera fonte storica in cui figura la pena capitale è il Codice Hammurabi degli antichi Babilonesi, nel quale l’esecuzione era prevista per crimini come il furto, l’omicidio e la mancata esecuzione del proprio lavoro. Dall’Antica Grecia alla fine del 1600 d.C. la pena di morte è stata largamente eseguita, anche in maniera piuttosto brutale, sino a quando nel XVIII secolo non si aprì una profonda riflessione grazie a Cesare Beccaria che nel libro “Dei delitti e delle Pene” spiegò le ragioni per cui questa sentenza non sortisce l’effetto sperato nella popolazione, la quale potrebbe essere impaurita più dal carcere a vita che della morte.

Scriveva Beccaria:

«La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della nazione siano riuniti, ben munita al di fuori e al di dentro dalla forza e dalla opinione, forse piú efficace della forza medesima, dove il comando non è che presso il vero sovrano, dove le ricchezze comprano piaceri e non autorità, io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte. […] Non è l’intensione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa; perché la nostra sensibilità è piú facilmente e stabilmente mossa da minime ma replicate impressioni che da un forte ma passeggiero movimento. L’impero dell’abitudine è universale sopra ogni essere che sente, e come l’uomo parla e cammina e procacciasi i suoi bisogni col di lei aiuto, cosí l’idee morali non si stampano nella mente che per durevoli ed iterate percosse. Non è il terribile ma passeggiero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno piú forte contro i delitti. Quell’efficace, perché spessissimo ripetuto ritorno sopra di noi medesimi, io stesso sarò ridotto a cosí lunga e misera condizione se commetterò simili misfatti, è assai piú possente che non l’idea della morte, che gli uomini veggon sempre in una oscura lontananza. […] Non è utile la pena di morte per l’esempio di atrocità che dà agli uomini. Se le passioni o la necessità della guerra hanno insegnato a spargere il sangue umano, le leggi moderatrici della condotta degli uomini non dovrebbono aumentare il fiero esempio, tanto piú funesto quanto la morte legale è data con istudio e con formalità. Parmi un assurdo che le leggi, che sono l’espressione della pubblica volontà, che detestano e puniscono l’omicidio, ne commettono uno esse medesime, e, per allontanare i cittadini dall’assassinio, ordinino un pubblico assassinio.[…]».

Nel 1765 Leopoldo I abolì la pena di morte dal Gran Ducato di Toscana, ma questo provvedimento ebbe vita breve; infatti fu revocato dallo stesso Pietro Leopoldo a causa di numerosi disordini. La pena di morte restò in vigore nella legislazione degli Stati pre-unitari italiani, tra cui anche nello Stato Pontificio. In Toscana l’esecuzione capitale venne abolita nel 1859, favorendo così la nascita di un controverso dibattito nello Stato italiano unitario, che voleva estendere il codice penale sardo-piemontese, il quale però includeva la pena capitale. Due erano le possibili soluzioni: o estendere quel codice anche alla Toscana oppure al contrario cancellare da tutto il territorio nazionale la pena di morte, riformando su questo punto il codice sardo-piemontese. Ma a una soluzione, che però non fu definitiva, si giunse solo nel 1890, quando entrò in vigore il codice Zanardelli che sancì il bando della pena morte dal sistema delle sanzioni penali. Con l’avvento del regime fascista e con le leggi del ’26 e poi con il codice Rocco la pena di morte venne reintrodotta ed effettivamente applicata. In Italia l’esecuzione capitale fu definitivamente abrogata solo con l’approvazione della Costituzione del ’48, che all’art. 27 dispone che «non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».

Nel corso del 1900 nel mondo la condanna a morte è stata largamente praticata in tutti gli Stati dittatoriali e purtroppo non solo…

LA PENA DI MORTE OGGI NEL MONDO

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Giallo: abolizionisti; Grigio: abolizionista di fatto; Turchese: abolizionista per crimini ordinari; Rosso: mantenitore; Verde: moratoria delle esecuzioni; Arancione: impegnato ad abolire la pena di morte

 

Cina, Iran e Arabia Saudita sono stati nel 2011 i primi tre Paesi-boia nel mondo, confermando un’elevata tendenza all’applicazione della pena di morte. L’Asia si conferma maglia nera con il 90 per cento delle esecuzioni. Tuttavia, a livello mondiale, si rileva una tendenziale riduzione delle esecuzioni, passate dalle 5.946 del 2010 alle circa 5mila dello scorso anno grazie soprattutto al calo delle persone giustiziate in Cina.

Questi i dati diffusi dal Rapporto 2012 di Nessuno tocchi Caino La pena di morte nel mondo, presentato a Roma lo scorso settembre. La ricerca comprende i dati relativi all’anno 2011 e ai primi 6 mesi del 2012 e mostra chiaramente come si vada sempre più verso l’abolizione di questa pratica. Oggi, infatti, più di due terzi dei Paesi del mondo hanno abrogato la pena capitale per legge o de facto (da almeno dieci anni non avvengono esecuzioni o sono attivi processi verso l’abolizione).

Più nel dettaglio, i Paesi che hanno deciso di eliminarla sono oggi 155 contro i 43 in cui vige ancora la pena di morte. Tra i Paesi “death free”, 99 i totalmente abolizionisti, 7 gli abolizionisti per crimini ordinari, 5 quelli che attuano una moratoria delle esecuzioni e 44 i Paesi abolizionisti di fatto, ovvero che non eseguono sentenze capitali da oltre dieci anni o che si sono impegnati di fronte alla comunità internazionale ad abolire la pena di morte.

Dei 43 mantenitori della pena di morte, 36 sono Paesi dittatoriali, autoritari o illiberali. In 17 di questi Paesi, nel 2011, sono state compiute almeno 4.952 esecuzioni, il 99 per cento del totale mondiale. Un Paese solo, la Cina, ne ha effettuate circa 4.000, l’80 per cento del totale mondiale; l’Iran ne ha effettuate almeno 676; l’Arabia Saudita almeno 82; l’Iraq almeno 68; lo Yemen almeno 41; la Corea del Nord almeno 30; il Vietnam almeno 17. Molti di questi Paesi non forniscono statistiche ufficiali sulla pratica della pena di morte, per cui il numero delle esecuzioni potrebbe essere molto più elevato.

In Africa, nel 2011, la pena di morte è stata eseguita in 4 Paesi (erano stati 6 nel 2010) e sono state registrate almeno 24 esecuzioni: Somalia (almeno 11), Sudan (almeno 7), Sudan del Sud (5), Egitto (almeno 1). Nel 2010 le esecuzioni effettuate in tutto il continente erano state almeno 43, nel 2009 almeno 19, come nel 2008 e contro le almeno 26 del 2007 e le 87 del 2006.

In Europa, la Bielorussia continua a costituire l’unica eccezione in un continente altrimenti totalmente libero dalla pena di morte. Nel 2011 due uomini sono stati giustiziati per omicidio e altri due sono stati fucilati nel 2012.

Le Americhe sarebbero un continente praticamente libero dalla pena di morte, se non fosse per gli Stati Uniti, l’unico Paese ad aver giustiziati criminali nel 2011. Le democrazie liberali, sette in tutto nel mondo, che nel 2011 hanno praticato la pena di morte sono state due e hanno effettuato in tutto 48 esecuzioni, l’1% del totale mondiale: Stati Uniti (43) e Taiwan (5). Tuttavia, anche gli Usa si allineano alla tendenza positiva del resto del mondo, con una riduzione di un terzo rispetto alle esecuzioni degli anni Novanta. Tre gli stati che nell’ultimo decennio hanno abolito la pena capitale: New Jersey ( 2007), New Mexico (2009) e Illinois (2011). A inizio novembre si terrà il referendum sull’abolizione in California.

In Indonesia, il 2011 è stato il terzo anno consecutivo senza esecuzioni dal 2004, mentre l’India non ha eseguito condanne a morte per il settimo anno consecutivo. Botswana e Giappone hanno invece ripreso le esecuzioni nel 2012.

Maria Ianniciello e Piera Vincenti

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