Il futuro si costruisce educando, soprattutto in quelle terre impervie dove l’uomo e la natura diventano spesso la stessa cosa, finendo per dipendere l’uno dall’altro. Il Tibet, con il suo vasto territorio e la cultura prevalentemente nomade, è una delle zone più affascianti della terra, un patrimonio da salvaguardare, educando e formando i suoi abitanti, soprattutto le bambine, troppo spesso escluse dalla vita scolastica e sociale della comunità. Per aumentare il tasso di scolarizzazione femminile e per sostenere le comunità nomadi tibetane, ASIA Onlus ha deciso di investire le sue energie sull’educazione delle bambine, per farne donne consapevoli e aiutarle a migliorare le condizioni di vita dei futuri figli e della famiglia. Ma educare una bambina nomade significa anche innalzare la qualità di vita dell’intera comunità nomadica, come ci spiega il direttore di Asia Onlus, Andrea Dell’Angelo.
«Se le bambine imparano a leggere e scrivere, sia in cinese che in tibetano, rappresentano un valore aggiunto per la famiglia e la comunità. Sono in grado di confrontarsi con l’esterno e, in secondo luogo, permettono alla loro tribù di diventare più competitiva sul mercato, evitando che commercianti più esperti, provenienti da altre zone del Tibet e dalla Cina, cerchino di abbassare troppo il prezzo delle loro merci, impoverendoli ulteriormente».
L’associazione Asia sta investendo sull’istruzione delle bambine con un finalità ben precisa, «salvaguardare la lingua e la cultura tibetana», spiega Dell’Angelo che prosegue: «Attualmente siamo alla ricerca di fondi per la ristrutturazione della scuola di Golok, che ha bisogno di una nuova mensa e un nuovo refettorio per le bambine». La scuola di cui parla il direttore di Asia è quella fondata dalla Onlus nel 2004 nell’altipiano di Golok su richiesta della comunità locale e su impulso del noto educatore, il monaco Jigmed Gyaltsen, abate del Monastero di Raja, dedicata interamente alle bambine. Dalla sua inaugurazione nel 2007 ad oggi, la scuola di Golok è diventata un modello per tutta la regione, sia per il rispetto dei programmi governativi sia per l’utilizzo di metodi di insegnamento tradizionali e per lo studio della cultura, della lingua e della filosofia tibetana. Il numero delle iscrizioni è salito vertiginosamente passando dalle circa 240 bambine iscritte nel 2007 alle oltre 500 dell’ultimo anno.
«Stiamo portando avanti anche un altro progetto – spiega Dell’Angelo – “Mandiamole a scuola”, per il quale stiamo cercando sponsor. L’obiettivo è garantire l’accesso scolastico a 500 bambine nomadi entro la fine dell’anno». Andare a scuola in Tibet non è così semplice.
«Il sistema scolastico è molto cambiato negli ultimi 20 anni – dice il direttore di Asia – Fino agli anni ’90 l’istruzione era gratuita ma non obbligatoria, adesso è stata introdotta l’obbligatorietà fino ai 9 anni. Tuttavia, il Tibet è una regione molto vasta e la popolazione, già scarsa, è distribuita su territori enormi. Le poche scuole presenti si trovano spesso nei capoluoghi e nelle grandi città. Per i nomadi tibetani non è semplice raggiungerle e, inoltre, molti non vogliono mandare i loro bambini in strutture in cui domina la cultura cinese. Per tutti questi motivi, il tasso di dispersione scolastica resta altissimo».
Investire sull’istruzione delle bambine tibetane significa anche sostenere una civiltà che rischia di scomparire. «Nelle nostre scuole – prosegue Dell’Angelo – cerchiamo di non far assimilare ai bambini la cultura dominante cinese ma di insegnargli la lingua e le tradizioni tibetane in modo che non avvertano il richiamo delle grandi città e continuino a conservare il loro stile di vita nomade».
Piera Vincenti