Kyoto 2 al centro della Conferenza Onu sul clima in corso a Doha questa settimana. Scade infatti alla fine del mese il Protocollo di Kyoto, l’accordo globale sulla riduzione di emissioni di anidride carbonica per contrastare il mutamento climatico, e occorre garantire la continuità degli impegni legalmente vincolanti per il periodo di transizione 2013-2020. L’obiettivo europeo di riduzione del 20 per cento delle emissioni entro il 2020 indicato dal Protocollo di Kyoto è ormai raggiunto con largo anticipo: l’Unione è già al 21 per cento se si conteggiano anche le riduzioni realizzate attraverso il ricorso ai cosiddetti meccanismi flessibili previsti dallo stesso trattato, ed è quindi già in condizione di aumentare al 30 per cento il proprio impegno di riduzione al 2020.
«Portare il taglio delle emissioni al 30 per cento non richiederebbe grandi sforzi aggiuntivi – dichiara dal Qatar il responsabile clima di Legambiente Mauro Albrizio – ma contribuirebbe a colmare il preoccupante divario esistente tra gli impegni di riduzione assunti sinora dai diversi paesi e la riduzione di emissioni indispensabile entro il 2020 per rientrare nella traiettoria di riscaldamento del pianeta non superiore almeno ai 2°C. Le stime dell’Unep parlano di un gap di 8-13 miliardi di tonnellate di CO2. Inoltre – aggiunge Albrizio – investendo nella green economy per vincere la sfida climatica l’Europa potrebbe rivitalizzare la sua economia fortemente indebolita dalla crisi. Per sfruttare al meglio le potenzialità del passaggio al 30% è fondamentale integrare la politica climatica in un quadro di misure economiche e fiscali coordinate a livello comunitario e finalizzate ad incentivare gli investimenti nelle tecnologie pulite low-carbon».
Grazie al Protocollo di Kyoto, la politica climatica dell’Unione europea ha prodotto ottimi risultati, come evidenzia l’Agenzia europea dell’ambiente. Le emissioni di gas serra sono diminuite del 17,5 per cento tra il 1990 e il 2011, mentre il PIL comunitario è aumentato del 48 per cento nello stesso periodo. Per l’Europa a 15 la riduzione delle emissioni è stata del 13,8 per cento e l’aumento del PIL del 43 per cento. Nel dettaglio, le performance rispettivamente per emissioni e PIL sono: Italia -5,6 per cento e +24 per cento; Germania -26,2 per cento e +35 per cento; Francia -10,9 per cento e +31 per cento; Regno Unito -27,4 per cento e +57 per cento. A dimostrazione che l’azione climatica non compromette lo sviluppo economico.
«In Europa, secondo lo studio realizzato dal Potsdam Institute per conto del governo tedesco – spiega Legambiente – puntando al 30 per cento di riduzione delle emissioni di gas serra si possono creare ben 6 milioni di nuovi posti di lavoro entro il 2020. Con un aumento medio annuo rispetto all’attuale trend dello 0.6 per cento del PIL e del 4% per cento degli investimenti. Anche per il nostro paese sono previsti risultati confortanti con una riduzione della disoccupazione del 2.6 per cento, un aumento medio dello 0.5 per cento del PIL e del 6 per cento degli investimenti».