La salute è “diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività”. A sancirlo è l’art. 32 della Costituzione Italiana che obbliga lo Stato ad adottare precisi comportamenti finalizzati alla migliore tutela del benessere psico-fisico e sociale dei cittadini. Un piccolo passo in avanti in direzione del rispetto di tale diritto potrebbe essere compiuto con la proposta di aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) – le prestazioni che vanno assicurate a tutti i cittadini gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket – approvata dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, che ora dovrà passare il vaglio del ministero dell’Economia, prima di andare in Conferenza Stato-Regioni e all’esame delle commissioni parlamentari. Le novità introdotte dai Lea riguardano il passaggio a carico del servizio sanitario nazionale dell’analgesia epidurale, che garantisce alle donne un parto indolore, di 110 malattie rare e cinque nuove patologie croniche, della ludopatia e della sindrome da Talidomide.
Che in un momento critico per la sanità nazionale, vessata dai tagli imposti dalla spending review, si pensi di garantire maggiore copertura sanitaria per determinate patologie e servizi è senza dubbio un segnale positivo, che va in direzione del maggiore rispetto del diritto del cittadino alla salute, non più intesa – come in passato – come assistenza riparatoria nei confronti della malattia. Questa visione datata della salute si è infatti trasformata, negli ultimi decenni, in un modello mirato alla prevenzione, all’eliminazione dei fattori di rischio e al controllo dell’efficacia degli interventi socio-sanitari. Ormai non si combatte più solo contro lo spettro della malattia incurabile, ma si cerca innanzitutto di tutelare la salute dell’individuo considerando anche un altro aspetto della malattia stessa, ovvero quello inerente alle implicazioni nelle differenti aree e dimensioni degli ambiti sociale, psichico e culturale.
Il cammino da fare in direzione di un totale e pieno rispetto del diritto alla salute è ancora lungo e tortuoso. Basti pensare che l’Italia è tra gli ultimi Paesi europei per l’assistenza ai disabili, che rimane a cura prevalentemente delle famiglie. Oppure che i recenti tagli alla sanità minacciano la sopravvivenza di intere strutture ospedaliere, che nella migliore delle ipotesi saranno costrette a rinunciare al personale medico e infermieristico, alle attrezzature e ai posti letto, situazioni tutte che mettono a rischio il diritto alla salute dei cittadini. Un diritto non negoziabile che dovrebbe essere garantito a tutti, indipendentemente dall’estrazione sociale e dalla situazione economica in pieno rispetto della Costituzione Italiana.
Piera Vincenti