«A Natale non tutti esagerano», dicevo a una studentessa che mi vedeva sorridere mentre sfogliavo un grosso volume di agiografia (vite di santi, per chi non lo sapesse), scritto da Jacopo da Varazze, cronista ligure del Duecento. Non sto… pregando, chiarisco, qui si parla di un neonato che, leggi qua, succhiava le mammelle della mamma soltanto il mercoledì e il venerdì, e negli altri giorni preferiva digiunare per dare esempio di moderazione. Così dice l’Autore in latino, precisando che i genitori, vissuti in perfetta castità fino all’età giusta, un bel giorno, o notte non si sa, profusero il massimo impegno tutto in una volta, e per tutto il resto della loro vita i due non ebbero più contatti carnali. «Evidentemente, la fatica per fare un figlio eccezionale li aveva stremati», commenta la studentessa con finta indifferenza. «Forse sì», rispondo io, però ne era valsa la pena, dato che il risultato di quell’unico rapporto arrivò puntuale: «Appena venuto alla luce – scrive Jacopo – il bambino si alzò in piedi, da solo, e cominciò il digiuno». Siamo a Pàtara, sulle coste della Turchia, verso il 270 dopo Cristo.
«Caspita – mi fa lei – un bambino atleta!». Ma di chi si tratta? «Macché atleta», le dico, si chiamava Nicola quel bambino, che poi diventò vescovo e infine santo, in latino Sanctus Nicolaus. Il suo corpo sta a Bari, perché i baresi andarono in Turchia a rubarselo nel 1087 e lo custodiscono in una splendida basilica vicina al mare. Intanto le mostravo la foto di un capolavoro di pittura italiana del Cinquecento, il San Nicola del Tintoretto esposto al Kunsthistorisches Museum di Vienna. Ma ormai, aggiungo, «più che ai baresi Sanctus Nicolaus appartiene al mondo, è diventato per tutti Santa Claus, in Italia Babbo Natale». Tintoretto ha raffigurato San Nicola con tre palle in mano, ci avrai fatto caso, sono un suo regalo. La studentessa squittisce, cerca di cambiar discorso: «Babbo Natale… strano che non si sia ancora indebolito, da neonato succhiava solo il mercoledì e il venerdì, forse ha fatto la dieta pure da grande, però oggi si arrampica sui palazzi, fino ai tetti… ne devo mettere anche io uno appeso al balcone… le tre palle, che ne so, cosa sono? E poi, perché San Nicola si traveste da Babbo Natale, con casaccone rosso, stivali, parrucca e barba bianca, se fa il benefattore? Ma sì, adesso ho capito, è per non farsi riconoscere, si vergogna di aver cambiato idea sulla moderazione!».
«Lascia perdere, ti spiego l’iconografia… cioè le tre palle», dico io, e comincio a tradurre ad alta voce dal latino il testo di Jacopo da Varazze. «Di notte, il giovane Nicola si arrampicava agile su per il torrione di un castello per raggiungere la finestra della stanza in cui dormivano tre ragazze da marito, le figlie di un nobiluomo finito improvvisamente in miseria. Non ridacchiare, non voleva certo spiarle, zittisco la studentessa, mentre apro sul computer la foto di un quadro del Quattrocento conservato a Perugia, dove il Beato Angelico dipinse il nobiluomo sconsolato, le tre ragazze addormentate e il giovane Nicola che le guarda di nascosto. Vi andò solo un paio volte per lanciare nella stanza, dalla grata della finestra, come qui puoi vedere, un sacchetto pieno di monete d’oro. Sapeva bene che nessuno avrebbe mai sposato quelle ragazze senza dote. Per giunta, aveva sentito dire che il padre, nella disperazione della miseria, era arrivato sul punto di indurre le figlie a vendersi per denaro. Prostitute quelle tenerissime creature non sia mai, pensò il giovane. Doveva salvarle e le salvò. Immensa la gioia del nobiluomo, quando poté maritare le prime due figlie con l’inattesa dote! Essendogli però rimasta in casa la terza, aspettava notte dopo notte con ansia un altro sacchetto. Finalmente nel buio intravide l’uomo misterioso arrampicarsi su per il torrione del castello, questa volta fino a raggiungere il comignolo più alto, in cui lasciò cadere il terzo sacchetto di monete d’oro. Il sacchetto si aprì e le monete s’infilarono nelle calze della ragazza, stese in camera lungo il bordo del camino. Così pure lei si sposò. Dunque, le tre palle sono il simbolo dei sacchetti donati per salvare le tre sorelle dalla prostituzione, ed ecco perché, dico alla studentessa, San Nicola è diventato protettore delle prostitute».
Non l’avessi mai detto! «Ma no professore – mi fa lei – è sbagliato, dovevano farlo protettore di ragazze povere e non protettore di prostitute, che invece fa pensare a una brutta cosa!». La blocco: «Aspetta benedetta ragazza, ma che hai capito, non ho detto protettore di prostitute ma delle prostitute, nel senso che San Nicola è il santo patrono di tutte le donne che fanno quel mestiere. Lei però non mi sente, è come parlare al muro».
Elio Galasso