«Il sindaco garibaldino è Angelo Troisi, che rappresenta la voglia di riscatto di un popolo che grida giustizia e verità. Se non risolviamo la questione meridionale, senza faziosità alcuna, la nostra Nazione non sarà mai unita veramente, ci sarà sempre il Nord contro il Sud, che è stato fin troppo maltrattato». Queste le parole di Jenny Capozzi, autrice del libro “Il sindaco garibaldino”, edito da Il Papavero, che su Cultura e Culture ricalca quanto detto durante la presentazione di ieri, svoltasi a Castel Baronia, in provincia di Avellino, nell’ambito del Sabato Letterario, dove si è tenuto un interessante contraddittorio tra l’autrice e il dirigente scolastico, Franco Di Cecilia. Lo stesso che sta infiammando anche gli ambienti accademici, dove si sta rimettendo in discussione la Storia del Risorgimento, che secondo i revisionisti è stata completamente alterata dai vincitori, i Piemontesi, a danno dei vinti, i meridionali, i quali, sempre a giudizio dei revisionisti, sarebbero stati invasi e poi colonizzati attraverso una vera e propria guerra tra briganti e garibaldini.
«I primi campi di concentramento furono quelli di Fenestrelle – afferma Jenny Capozzi -. Nel museo criminologico di Torino sono ancora esposte le teste di persone del Mezzogiorno, sulle quali si facevano esperimenti in quanto si riteneva che l’indole del brigante era una tipicità meridionale. A questo si è aggiunta l’inettitudine dei nostri rappresentanti politici che non hanno fatto niente per riscattare la nostra terra. L’obiettivo? Tenere nell’ignoranza il popolo in modo da giocare sullo stato di bisongo, ottimo calderone di consensi elettorali. Adesso però è arrivato il momento di capire chi eravamo per poter superare questo momento storico difficile, affinché si possa entrare a pieno titolo in Europa. Ma continuo sempre a dire con fermezza che l’Italia è una ed è indivisibile; quindi guai a chi me la tocca».
Nel suo libro Jenny Capozzi scrive, con l’attenzione del documentarista, di Angelo Troisi, il sindaco di Petruro Irpino (Avellino) che pur di vedere la propria terra unita sotto un unico vessillo, finanzia la Spedizione dei Mille con tremila e cinquecento ducati d’oro. Una leggenda paesana? Non del tutto, forse per alcuni, tuttavia il suo impegno può essere da esempio per coloro che hanno smarrito i valori di patria e libertà. Angelo Troisi (nato a Petruro il 30 luglio 1825 e morto il 18 marzo 1907) fu docente alla Federico II di Napoli di Filosofia Galluppiana (che sanzionava il principio cavouriano della “libera Chiesa in libero Stato”), amico di Enrico Cocchia, di Francesco De Sanctis, di Domenico Giella, attivo protagonista ai moti del 1848 a Palermo, amico e finanziatore delle eroiche imprese di Garibaldi, fu l’unico liberale del Sannio e dell’Irpinia a rivestire la carica di sindaco prima e dopo l’Unità. Ma per Angelo Troisi il sogno di libertà e unità si frantumò ben presto all’indomani dell’Unificazione quando si ritirò dalla scena e dalla vita politica perché deluso dall’evoluzione storica che ebbe nel Sud il processo di unificazione. Infine, il libro anticipa una notizia storica in corso di approfondimento sulla figura di Fiorina Ferracciuolo, che potrebbe essere la figlia illegittima di Garibaldi e che era la moglie di Federico Capone.
«Fiorina ufficialmente era la figlia di Pietro Ferracciolo, quello che divenne poi il proprietario dei terreni acquistati dal generale Garibaldi; in quegli stessi luoghi dove si “esilia” e coltiva la sua vigna dopo l’Unificazione», afferma Jenny Capozzi prima di riparlare di Angelo Troisi che, sostiene, «è un personaggio che a mio avviso va studiato e approfondito». Perciò, continua la giornalista, «ho lanciato una sfida agli storici; ora sta a loro approfondire, così come sta a loro ricercare la vera storia di Fiorina – afferma l’autrice -. E’ un lavoro che dura da anni, nel corso dei quali ho pubblicato altri libri di storia locale. Il primo è stato “Petruro chi parla diventa pietra”; si tratta di una ricerca di archivio, effettuata nei polverosi e bellissimi libri in carta pecora. E’ stato così che ho scoperto anche quel verbale in cui si scrive di Troisi».
Maria Ianniciello