Here we go again. Ci risiamo. Così i quotidiani inglesi catalogano l’ennesimo episodio relativo alla vicenda delle Isole Falkland, che è tornata alla ribalta ieri, 3 gennaio 2013, giorno del 180esimo anniversario dello sbarco della Royal navy sulle isole, occupate da tre mesi dagli argentini.
Il dibattito si è riacceso a causa di una lettera aperta fatta pubblicare su numerosi quotidiani britannici dalla presidente argentina Cristina Fernandez de Kirchner, che si rivolge al primo ministro David Cameron rivendicando la restituzione di quelle che a Buenos Aires vengono chiamate Islas Malvinas.
Secondo il The Guardian la mossa della populista Kirchner sarebbe soltanto un tentativo di distogliere l’attenzione da questioni molto più importanti per il Paese, come la crisi economica e la forte disoccupazione. La presidente ha chiesto a Londra di rispettare la risoluzione Onu del 1960 che invita i paesi membri «a cessare il colonialismo in tutte le sue forme e manifestazioni». Nella lettera si legge che l’Argentina fu «depredata con la forza» delle Isole dell’Atlantico tramite «un clamoroso esercizio di colonialismo del diciannovesimo secolo». Questa mossa della Gran Bretagna avrebbe, secondo la presidente, sottratto una fetta di territorio all’Argentina, privandola della sua «integrità territoriale».
Ma Londra non ci sta e risponde colpo su colpo alla Kirchner. Il Foreign Office precisa che non vi potranno essere negoziati sulla sovranità delle Falkland «a meno che lo vogliano i suoi abitanti» i quali, stando alle parole di Cameron, «hanno già manifestato la volontà di rimanere britannici». A marzo è previsto anche un referendum tramite il quale i cittadini delle Isole Falkland si esprimeranno per l’appartenenza o meno al Regno Unito, consultazione che ogni sondaggio dà a favore di Londra.
La questione relativa alle Malvinas, come vengono chiamate dagli argentini, non è nuova. Il mese scorso il Paese sudamericano ha protestato per la decisione britannica di ribattezzare Queen Elizabeth land una porzione di Antartide rivendicata da Buenos Aires. Più importante, per il suo significato storico ed economico, il tentativo avvenuto nel 1982 da parte degli argentini di sottrarre con la forza le Isole alla Gran Bretagna. Per difendere i diritti della corona, Margaret Thatcher spedì nell’Atlantico meridionale una poderosa forza aeronavale che in undici settimane di guerra cacciò dall’arcipelago gli invasori, infliggendo loro una sonora sconfitta.
Dietro la rivendicazione delle Isole Falkland da parte dell’Argentina si nascondono almeno altre due ragioni. Innanzitutto la Kirchern, dopo essere stata rieletta, ha subito un clamoroso calo di popolarità, dovuto anche alla nuova crisi finanziaria che ha colpito l’Argentina negli ultimi mesi. Il peso ha perso valore, la corruzione dilaga, gli investitori stranieri lasciano il paese e i cittadini argentini scendono in piazza per protestare. Buenos Aires teme per il proprio destino. E qui risiede la seconda, e forse più importante, ragione del riaccendersi della diatriba tra Argentina e Regno Unito.
Recenti perforazioni esplorative avrebbero confermato la presenza di petrolio e gas naturale nelle isole, che costituiscono una porta d’accesso privilegiata verso l’Antartico e verso la parte sud del mondo. Lasciare le Falkland in mano britannica significa regalare tante risorse naturali, tra cui anche quelle ittiche. Risorse che in un momento di crisi come quello attuale farebbero sicuramente comodo all’Argentina, per risollevare le sorti dell’economia e restituire popolarità alla presidente Kirchner.
Piera Vincenti