“Senza il sogno di un mondo migliore non possiamo operare perché perdiamo l’obiettivo morale, la spinta creativa. Senza la libertà rinunciamo alla nostra indipendenza di giudizio e – di conseguenza – tagliamo le ali della nostra fantasia, castriamo i genitali della nostra produttività, chiudiamo le porte delle nostre scoperte”.
Oriana Fallaci fece della libertà il suo baluardo, il motivo della sua lotta; in nome della libertà scriveva libri e articoli, perché senza di essa, diceva, non possiamo pensare. «Non possiamo lavorare». Infatti, «i nemici della libertà sono i nostri primi nemici», continuava riferendosi, con l’aggettivo “nostri”, agli scrittori che come lei si battevano per i diritti dei popoli raccontando la realtà senza veli, nuda e cruda. Così come la giornalista e scrittrice fiorentina faceva, senza peli sulla lingua, nelle conferenze: le sue relazioni lasciavano il segno, tanto che la Rizzoli ha raccolto sei dei suoi interventi più incisivi – tenutisi tra il 1976 e il 1983 negli Usa e in Argentina – nel libro “Il mio cuore è più stanco della mia voce”, che uscirà domani, 4 gennaio 2013.
Un testo coinvolgente che induce nel lettore riflessioni sulla politica, sul ruolo del giornalista, partendo dai menanti del Cinquecento, e sul Potere, ma anche sull’Amore e sulla Morte, a cui la Fallaci dedicava ampio spazio soprattutto quando raccontava del suo amore per Alekos Panagulis, protagonista del romanzo “Un uomo”, il quale, amava dire, aveva in sé molti uomini. Uno dei temi predominanti della raccolta è l’assurdità della guerra: facendosi aiutare dal ritmo cadenzato dei ricordi, talvolta sbiaditi, Oriana raccontava dell’esperienza del padre massacrato di botte dal Regime che con il volto sfigurato si presentò davanti alla sua famiglia, irriconoscibile. E poi quella domanda: Perché mamma? “[…] E mia madre sollevò il suo bel volto fiero, (era molto bella, mia madre, e molto fiera), fieramente rispose: «Perché tuo padre fa politica. Perché egli lotta per rendere questo mondo un poco più decente, un poco più dignitoso, un poco più sopportabile». Oh, sì: io ho un alto concetto della politica. O, se preferite, un concetto assai ingenuo. Ma in tal caso, e ammesso che io meriti la qualifica di ingenua, (cosa di cui dubito), che Dio benedica gli ingenui! […]”. Non solo della politica, quella con la P maiuscola, ma anche della poesia che, affermava, «è urlo, e momento di verità».
Questo libro conferma quanto appreso di Oriana Fallaci: una donna scomoda che metteva a nudo il potere, perché per lei il giornalismo, lavoro che intraprese per mantenersi agli studi di medicina, era una missione. E per questo criticava la stampa anglosassone che, in nome di quelle notizie che valeva la pena di pubblicare, sacrificava la verità!
Maria Ianniciello