Nel Regno Unito gli obesi andranno incontro al taglio dei benefit di Stato se non faranno nulla per dimagrire. Sembra uno scherzo invece è la seria proposta delineata dal Council di Westminster e diretta a quanti si rifiuteranno di andare in palestra o in piscina e di mangiare meno per ridurre il proprio peso. Il piano, contenuto anche in un documento ufficiale della Local Government Information Unit, un ente di raccordo delle vari amministrazioni locali britanniche, prevede la riduzione o addirittura l’abolizione degli aiuti pubblici relativi all’integrazione dell’affitto, ai sussidi di disoccupazione e alle cure mediche.
La proposta del Westminster City council contiene indicazioni specifiche sul modo in cui gli enti locali dovranno elargire i benefit. Tutto ruota intorno a una tessera magnetica, tipo bancomat, che monitorerà le volte in cui le persone obese andranno in palestra, in piscina o parteciperanno ad attività salutari. I più bravi verranno premiati con i sussidi statali mentre gli scansafatiche, che non si impegneranno per uscire dal loro stato di obesità, vedranno drasticamente ridursi i benefit.
Attualmente l’obesità costa allo Stato britannico 5,1 miliardi di sterline all’anno, più di 6 milioni di euro, e le previsioni dicono che la percentuale di persone in sovrappeso è destinata a crescere del 10 per cento nei prossimi dieci anni.
La reazioni alla proposta di legge sono state contrastanti. Philippa Roe, leader del Westminster City Council, ha dichiarato: «Abbiamo una grande occasione per migliorare la vita delle persone. Questo disegno contiene idee radicali e lungimiranti a cui abbiamo il dovere di guardare».
Meno entusiasta la reazione dei quotidiani britannici. Il Guardian, giornale di sinistra, si è schierato contro il conservatore Council di Westminster, accusandolo di aver proposto una legge che inciti all’odio di classe. «È noto che le persone meno abbienti – scrive il quotidiano – siano, spesso, anche quelle più in sovrappeso, per errate scelte alimentari o per mancanza di risorse economiche in grado di garantire una varietà di cibi più sani. Questo è anche odio per la diversità e per le persone obese e non lo possiamo accettare».
Businessweek, invece, si schiera contro la dieta degli inglesi, che ormai hanno assorbito la cultura dell’obesità esportata dall’America. «I fast food, il sovrappeso e il mercato delle medicine anti-obesità si sono diffusi in tutto il mondo. I decisori politici statunitensi dovrebbero sostenere la lotta all’obesità, non cercare di sfruttare il mercato per supportare le aziende che traggono profitto da questa malattia». Il dito viene puntato contro le grosse catene di fast food che hanno invaso il Regno Unito. Il problema sarebbe a monte, quindi.
Ma un Paese che ha come piatto tipico fish and chips, grondante di olio e grassi, può permettersi di accusare il regime alimentare americano o non dovrebbe piuttosto rivedere la propria dieta?
Piera Vincenti