“Umili sono i colori di questa terra e dentro questa umiltà è tutta la sua bellezza” . Carlo Levi
C’è un Carlo Levi quasi inedito che non tutti conoscono. Il suo volto sconosciuto non è quello dello scrittore di “Cristo si è fermato a Eboli”, bensì quello dell’artista che con mano agile disegnava figure nell’ultimo periodo della sua vita, in uno stato di cecità, a seguito di un intervento chirurgico. E per questo la mostra che si sta svolgendo a Roma, presso la Casa della memoria e della storia, si intitola “Oltre il buio”. L’esposizione, che è stata inaugurata il 18 gennaio scorso e si concluderà il primo marzo 2013, comprende 30 tavole, accompagnate da appunti autografi dello stesso autore. Le opere sono gentilmente concesse dal collezionista Antonio Milicia. Ad accompagnare le opere di Carlo Levi, gli appunti d’arte realizzati dagli allievi del corso di disegno dell’Accademia di Belle Arti di Roma. La mostra – che è promossa dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale, dalla FIAP Federazione Italiana Associazioni Partigiane di Roma e Lazio con il patrocinio della Fondazione Carlo Levi e dell’Accademia di Belle Arti di Roma in collaborazione con Zètema Progetto Cultura e con la consulenza editoriale di Edizioni Ensemble – unisce quindi l’arte di Carlo Levi ai tratti e alle visioni artistiche delle nuove generazioni. Durante l’inaugurazione è stato presentato il saggio “Oltre il buio” a cura di Pier Luigi Berto, edito da Edizioni Ensemble. Testimonianze e saggi critici narrati da chi ha conosciuto Carlo Levi e da chi lo ha incontrato attraverso l’opera della sua vita. I testi sono di Gian Paolo Berto, Pier Luigi Berto, Vittorio Cimiotta, Massimiliano Coccia, Ettore de Conciliis, Gigliola De Donato, Dario Evola, Rocco Falciano, Bianca Lami Cimiotta, Maurizio Marini, Walter Mauro, Antonio Milicia, Giovanni Russo, Guido Sacerdoti, Paola Sacerdoti, Donato Sperduto.
«In quei disegni, messi a mia disposizione per essere pubblicati da Antonino Milicia, ho infatti riconosciuto l’atmosfera dei tempi dello studio di Levi, l’eco delle sue conversazioni, che trasformavano il significato comune delle parole nel senso di un più ampio discorso sulla vita, nel quale l’ironia andava di pari passo con la saggezza. Come la figurazione fantastica che in questi fogli disegnati con mano sicura descrive forme e persone senza ritagliarle in sagome separate, ma facendole confluire in un flusso con- tinuo nel quale il segno colorato fa balenare situazioni paradossali e poetiche insieme», si legge nel saggio di Pier Luigi Berti che aggiunge: «Questi disegni furono eseguiti da Levi su quello strano strumento che fu il “Quaderno a Cancelli”, un telaio di legno con corde tese tra i lati più lunghi per guidare la mano, che diede vita al libro che porta questo nome, pubblicato da Einaudi dopo la sua morte. In essi si può facilmente riconoscere l’estro pittorico caratteristico di questo artista, capace di usare il disegno come una materia duttile, generata spontaneamente dal rit- mo del gesto, che deve la sua vitalità proprio al non essere affidata al controllo specifico della vista, ma alla sintonia con un sentimento interiore, che è capacità di creazione fantastica non affidata soltanto alla capacità di elaborare immagini mentali, ma a quella di “sentire” con tutto il corpo la forma».