Al Teatro Goldoni di Venezia, nell’ambito della stagione di prosa 2012-2013, andrà in scena il 9 gennaio alle 20.30 il Macbeth di William Shakespeare nella traduzione di Nadia Fusini, con la regia di Andrea De Rosa. Lo spettacolo, prodotto dalla Fondazione del Teatro Stabile di Torino insieme allo Stabile del Veneto, è interpretato da Giuseppe Battiston, Frédérique Loliée, Ivan Alovisio, Marco Vergani, Riccardo Lombardo, Stefano Scandaletti, Valentina Diana, Gennaro Di Colandrea. Lo spazio scenico è di Nicolas Bovey e Andrea De Rosa, i costumi di Fabio Sonnino, le luci di Pasquale Mari, il suono di Hubert Westkemper.
Dopo il successo de La Tempesta, interpretato da Umberto Orsini, e dopo la fortunata regia lirica del Macbeth di Giuseppe Verdi, Andrea De Rosa affronta la tragedia più breve di William Shakespeare scegliendo due intensi interpreti per le parti principali: Frédérique Loliée e Giuseppe Battiston. Macbeth è uno dei personaggi più attuali del corpus shakespeariano: il contrasto tra pensiero e azione, la percezione di essere intrappolato in una rete di incubi soffocanti, la disperazione, il conflitto tra ambizione e senso di giustizia, l’essere preda di un ingranaggio infernale di fronte al quale il libero arbitrio deve arrendersi, sono i termini per l’identificazione con la nostra parte più oscura, il nostro demone personale. La sua Lady, stretta tra la determinazione nell’essere motore di violenza e i lacerti di una dolcezza che emerge da un tempo lontano, fragile e compassionevole, crolla quando ha finalmente ottenuto il titolo di regina, incapace di uscire da una nevrosi che la renderà una figura speciale agli occhi di Sigmund Freud nel suo celebre saggio del 1916.
«Quando ho lavorato alla messa in scena dell’opera di Giuseppe Verdi, nel 2008, mi tornava spesso in mente la frase di un filosofo che diceva che, tra tutti i mali, il peggiore che si possa immaginare è quello che i nostri desideri si avverino – afferma De Rosa -. Ho capito il senso di questo paradosso solo di fronte a Macbeth. Quello che le streghe gli rivelano, è il suo desiderio più nascosto e inconfessabile». Il suo tragico destino è legato indissolubilmente «all’avverarsi di quel desiderio». «Lontano da qualunque anacronistica tentazione psicanalitica, penso che sia lì, nel dire i propri sogni e desideri, che il lato oscuro di Macbeth prende forma (nella raffinata indagine psicologica medievale si fa chiaro che nei sogni non si agisce, ma si viene agiti). È lì che il lato più misterioso dell’esistenza si affaccia, in forma di visione, di felicità, di terrore», conclude il regista.