Al Teatro Argentino di Roma, dal 19 febbraio al 3 marzo 2013, è in scena la commedia di Molière “La scuola delle mogli”.
Eros Pagni domina da protagonista una delle commedie di maggior successo di Molière, con la regia di Marco Sciaccaluga, nella versione italiana di Giovanni Raboni. Nell’opera il commediografo racconta la storia dell’amore impossibile tra un uomo anziano, Arnolfo, e una ragazza, Agnese, che egli ha educato con il progetto di farne la moglie ideale, venando probabilmente il copione di un certo autobiografismo (proprio in quell’anno l’autore, ormai quarantenne, aveva sposato la ventenne Armande Béjart, figlia o sorella della sua amante Madeleine). La rappresentazione diventa così un’avventura teatrale per svelare l’inesorabile conflitto tra i sogni e lo svolgimento della realtà, l’ineluttabile dominio maschilista sulla donna, e l’illusione che le ideologie possano dominare la natura umana, piegandola al loro intransigente volere.
Si tratta in particolare di un inno alla libertà individuale che mal sopporta i vincoli imposti dall’autoritarismo ideologico di cui si alimentano i sogni pedagogici e matrimoniali di Arnolfo. E infatti il protagonista nutre una radicale sfiducia nelle donne e nell’istituzione matrimoniale: fattori che, se combinati insieme, determinano, secondo lui, l’inarrestabile proliferazione nella società di una moltitudine di menzogne, d’inganni e di infelicità. Arnolfo confida al coetaneo Crisaldo che tredici anni prima, approfittando della miseria di una madre, ha acquistato la tutela di sua figlia, una bambina di quattro anni, per farla crescere lontano dalle insidie della società e dalla tentazione corruttrice di ogni forma d’istruzione. Meglio una moglie ingenua e sciocca che una consorte bella e intelligente, sostiene convinto. Ma lo sviluppo della commedia gli dimostrerà l’impossibilità di condizionare la mente e la natura umana. All’ingenua Agnese, infatti, basta incontrare per un attimo lo sguardo del giovane Orazio per subire una metamorfosi radicale, che sveglia i suoi sensi e fa nascere in lei la necessità di conoscere e di imparare. E a nulla valgono gli impedimenti dell’ostinato Arnolfo, al quale l’ignaro Orazio confessa i suoi progetti di felicità.
Al Teatro Argentina di Roma il “piccolo microcosmo privato” che anima la penna di Molière, si scrolla dunque la polvere del Seicento per essere trasferito dalla regia di Sciaccaluga nell’atmosfera provinciale di una Parigi perbenista dei primi del Novecento da cui ha inizio il viaggio ideale di Arnolfo. «Ci è sembrato di leggere nella commedia l’esplicito rinvio a una realtà piccolo borghese e questo ci ha indotto a pensare a uno spazio che appartenesse soprattutto al tempo in cui la borghesia ha assunto uno specifico riconoscimento sociale – dichiara Sciaccaluga – Poi tutto è venuto da sé, portando in primo piano, a sorpresa anche per noi, un clima da vaudeville cechoviano, in una scatola scenica che rinvia a un universo in cui si sente il profumo di baguette e il suono della fisarmonica, ma anche a piccole cose di cattivo gusto, a segreti nascosti, a orchi in agguato che cercano invano di condizionare lo sbocciare della natura. Ciò che veramente mi interessa è raccontare quella storia che Molière confina in un microcosmo privato, avendo però la capacità di farlo esplodere, in modo da investire anche la realtà contemporanea».
Con Eros Pagni nei panni di Arnolfo, ruolo che già fu di Molière, recitano nello spettacolo Alice Arcuri (Agnese), Roberto Serpi (Orazio), Roberto Alinghieri (Alain), Mariangeles Torres (Giorgina), Federico Vanni (Crisaldo), Marco Avogadro (Enrico), Massimo Cagnina (Oronte), Pier Luigi Pasino (un notaio). La scena è firmata da Jean-Marc Stehlé e Catherine Rankl (che ha disegnato anche i costumi), le musiche sono di Andrea Nicolini e le luci di Sandro Sussi.