Chi sono gli imprenditori “tipo” dell’Anga e quali sono i loro desideri rispetto alla classe politica di domani? La risposta arriva con una nota dal Centro Studi di Confagricoltura che, in occasione del XV Convegno Quadri Dirigenti dei Giovani di Confagricoltura in corso a Napoli, ha realizzato un’indagine su un campione ragionato di aziende associate, cercando di focalizzare il profilo dell’impresa e temi che spaziano dal commercio alla politica.
Dallo studio si evince un’incidenza maggiore degli uomini (il 66 per cento) rispetto alle donne (34 per cento), l’età però è la stessa (32 anni). E’ titolare d’azienda a tutti gli effetti il 71 per cento degli intervistati; il 93 per cento gestisce un’azienda di famiglia, con una dimensione media di 113 ettari.
«Purtroppo, l’elevato costo dei terreni e la scarsa rimuneratività del beneficio fondiario impediscono ai giovani di insediarsi nel settore primario come capi azienda. Ed è probabile che le varie misure volte a introdurre nuovi soggetti nel mondo agricolo siano troppo macchinose e scoraggino in partenza anche i più interessati», spiegano da Confagricoltura aggiungendo che i giovani certificano le proprie produzioni (entro il 50 per cento) prestando attenzione alle problematiche ambientali, coltivando bio (50 per cento) oppure utilizzando le denominazioni di origine (50 per cento). Utilizzano quasi sempre mezzi informatici per la gestione dell’azienda (89 per cento), però non aderiscono ancora a strumenti innovativi come le reti di impresa (solo il 12 per cento lo fa). La percentuale di partecipazione a reti strutturate di impresa è comunque inferiore rispetto alla percentuale delle aziende di Confagricoltura (18,2 per cento – indagine Censis Confagricoltura marzo 2012). Come dire che in agricoltura c’è ancora un gap generazionale significativo nella collaborazione partecipativa del “fare impresa”.
Dei giovani imprenditori Anga solo il 35 per cento è aggregato in OP, ma di converso ben il 40 per cento degli intervistati utilizza la cooperativa come canale commerciale, il 23 per cento l’industria e il 26 per cento la vendita diretta. Tutto sommato limitato (4 per cento) il ricorso alla vendita on-line. Il 51 per cento ritiene comunque insoddisfacente il collocamento del prodotto. Il 60 per cento degli intervistati ha beneficiato dei fondi strutturali PSR, soprattutto (quasi il 90%) tramite le misure per il primo insediamento, agro ambientali e per l’ammodernamento dell’azienda agricola; misure servite in sei casi su dieci ad introdurre innovazione di prodotto o di processo.
Ben il 90 per cento dei giovani imprenditori di Confagricoltura ha introdotto innovazione all’interno della propria azienda. Peccato che di questi solo la metà abbia potuto beneficiare di incentivi di politiche nazionali e comunitarie. Infine, l’indagine del Centro Studi si è incentrata sul futuro prossimo gettando uno sguardo sul periodo “post elettorale”.
In particolare è stato chiesto quali provvedimenti di politica generale i giovani imprenditori dell’Anga vorrebbero che le nuove istituzioni approvassero nei primi cento giorni di governo. Gli intervistati hanno indicato come priorità la riforma fiscale e contributiva e il riassetto delle istituzioni nazionali (rispettivamente il 26 per cento ed il 23 per cento). Seguono misure per favorire l’occupazione (14 per cento), la promozione di formazione e ricerca (11 per cento) e la riforma del sistema elettorale (10 per cento).
Per quanto riguarda, invece, i provvedimenti di politica agricola richiesti, su tutti spicca l’esigenza di maggior facilità di accesso al credito (25 per cento). Sono evidenti le difficoltà nel reperire capitali di esercizio e di investimento per la propria attività dopo il credit crunch. Subito dopo sono stati indicati il finanziamento per acquisire mezzi di produzione innovativi (22 per cento) e per acquistare terreni agricoli (20 per cento). Quest’ultima esigenza al pari della richiesta di un nuovo regime fiscale per creare nuove reti di impresa (20 per cento). E’ chiara, quindi, l’esigenza per una politica dei fattori efficace, soprattutto per quanto riguarda l’innovazione (che i giovani imprenditori di Anga chiedono di incentivare) e per il fattore di produzione principale – e di più difficile acquisizione – per le aziende agricole: la terra. Meno sentita la necessità di fondi per finanziare business plan ed analisi di mercato; forse servizi già disponibili e acquisiti. Dall’indagine risulta che
Sono 57.673 le imprese agricole under 35 in Italia, secondo i dati Unioncamere, il 7 per cento del totale delle imprese agricole iscritte al registro delle imprese delle CCIAA (823.542) e il 9 per cento circa delle imprese giovani complessive. Un numero comunque rilevante visto che solo le categorie delle imprese giovani di “costruzioni” e del “commercio all’ingrosso e al dettaglio” possono vantare un numero superiore di operatori (rispettivamente 123 mila e 183 mila circa).
Nel corso degli ultimi anni, secondo i dati Eurostat, le imprese agricole giovani in Italia sono diminuite in valore assoluto: da 145 mila nel 1990 a 115 mila nel 2000 sino ai poco meno di 52 mila nel 2007 (dato comunque non paragonabile a quello di Unioncamere). Un calo complessivo del 64 per cento; comunque superiore alla flessione del numero complessivo di aziende agricole (meno 37) nello stesso periodo.
Come sopra accennato, le imprese agricole rappresentano il 9 per cento (esattamente l’8,8) di tutte le imprese condotte da giovani (658.033) nei vari settori. Un dato comunque peggiore rispetto all’incidenza (13,5) delle imprese agricole rispetto al totale delle imprese di tutti i settori (6,1 milioni). In Italia i giovani che si dedicano all’agricoltura sono soprattutto nel meridione e nelle isole, in particolare in Calabria, Sicilia e Sardegna, dove si trovano il 56 per cento delle aziende agricole giovani nazionali, pari a quasi il 9 per cento delle imprese complessive (la media nazionale è del 7 per cento).