Una madre e una figlia che si confrontano per parlare dell’emancipazione femminile. La madre è Mariella Gramaglia, nota giornalista e studiosa del movimento delle donne. La figlia è Maddalena Vianello, studiosa e organizzatrice culturale. Il frutto di questa conversazione epistolare è un libro che s’intitola “Fra me e te”, edito da et al. Abbiamo, dunque, incontrato Maddalena Vianello per discutere di femminismo, di donne e politica… di donne e carriera.
Domanda banale, ma d’obbligo. Come è nato questo libro?
Questo libro è nato due anni fa quando io e mia madre abbiamo cominciato a scriverci. Inizialmente non avevamo idea che questa corrispondenza sarebbe diventata un libro; a proporle quest’avventura sono stata io. Con mia madre ho avuto sempre un dialogo molto profondo che ci ha permesso di confrontarci su una serie di temi, molti dei quali legati alle questioni femminili perché mia madre è stata una delle femministe storiche degli anni Settanta e anch’io sono impegnata nel movimento; quindi l’attenzione verso questa tematica ci ha molto unite. Il motivo principale però è che spesso nelle conversazioni si tende a sfuggire, soprattutto quando si toccano degli argomenti particolarmente spinosi o complicati, così le ho proposto di scriverci per tentare di eliminare questa possibilità di fuga, obbligandoci in qualche modo a rispondere alle rispettive domande. Sono stati molti i temi che abbiamo affrontato nelle nostre lettere, come la politica delle donne, l’eredità del femminismo…
In cosa ha fallito il movimento femminista e quali sono stati invece i suoi meriti?
Io non credo che il movimento femminista abbia fallito; penso che esso sia stato fondamentale per questo Paese, perché ha avuto il grande merito, mai abbastanza riconosciuto, di aver donato la libertà e la possibilità di autodeterminazione alle donne. Dunque, alla luce di quanto detto, penso che non ci possa essere fallimento possibile. Certo, c’è stato un assopimento della coscienza femminile, una volta conquistati i grandi diritti, di cui però siamo tutte responsabili. Tuttavia per fortuna negli ultimi anni stiamo assistendo a un risveglio collettivo, di cui “Se non ora quando” è stata una delle espressioni più visibili e partecipata.
C’è stato un assopimento. Perché abbiamo perso l’entusiasmo?
Il raggiungimento di alcuni obiettivi può aver portato a un’interruzione del battagliare, ma al contempo mi rendo anche conto che negli anni Ottanta le strutture partitiche, all’interno delle quali le donne si impegnavano, hanno subito tanti cambiamenti che hanno destabilizzato le donne. C’è stato un calo di partecipazione collettiva e le piazze si sono improvvisamente svuotate. Oggi è necessario riprendere sia i fili dell’eredità che ci è stata lasciata sia il lavoro di molte donne che hanno continuato a riflettere su alcuni temi, fra questi c’è il precariato.
Quali sono le difficoltà e quali i sogni di una ragazza che entra nel mondo del lavoro?
I sogni e le speranze sono oggi molto ridotti. La precarietà è una piaga sociale, una condizione esistenziale che determina la qualità della vita, per cui oggi abbiamo dei diritti che le nostre mamme non avevano, come l’aborto e il divorzio, ma non siamo libere di determinare la nostra vita. Una delle grandi eredità del femminismo è stata quella di insegnarci che l’indipendenza economica permette alle donne di poter fare delle scelte libere. Da questo punto di vista stiamo arretrando agli anni Cinquanta. Le donne non solo non hanno possibilità di determinare la propria vita ma dipendono anche dal compagno. Viviamo in un Paese in cui se non ti viene rinnovato il contratto, se vivi una gravidanza o se ti sospendono la retribuzione devi fare per forza affidamento sul compagno. E tutto questo diventa una forma di ricatto pesante da sopportare…
Molte donne sono costrette a scegliere tra figli e lavoro…
Questo non è un Paese per donne, le quali devono spesso scegliere se lavorare o avere un bambino, quando questo non accade nella maggior parte dei Paesi Europei. Non abbiamo strutture che possano sostenerci nel desiderio di conciliare il lavoro con la vita privata e quindi le cure domestiche ricadono solo sulle donne, le quali per quanto siano delle acrobate incredibili non possono arrivare a fare tutto. Sarebbe auspicabile dunque che in Italia avvenisse anche una rivoluzione sociale; gli uomini dovrebbero rendersi conto che la conciliazione non è una questione solo per donne, ma interessa tutta la società, anche l’uomo che dovrebbe cominciare a condividere il lavoro di cura con le compagne.
La politica in tutto questo ha un ruolo rilevante…
Per le regioni di cui dicevamo prima, le donne sono molto schiacciate all’interno dei contesti privati; ci vogliono in l’Italia dei meccanismi correttivi per un’adeguata rappresentanza delle donne in politica. Non possiamo pensare che la presenza delle figure femminili in politica sia un tema delegato al buon cuore della classe dirigente maschile.
Le donne hanno una grande chance, cioè quella di educare i figli maschi…
Sì. Da questo punto di vista le donne hanno una grande responsabilità. Io ho un fratello maschio, più piccolo, e ho sperimentato all’interno della mia famiglia un’educazione assolutamente paritaria. I risultati si vedono, anche nei piccoli gesti quotidiani. Questi bambini, che un giorno saranno uomini, se educati al rispetto delle donne, tratteranno da adulti l’altro sesso alla pari e non come un oggetto.
NOTE BIOGRAFICHE
Mariella Gramaglia, giornalista e studiosa del movimento delle donne, è stata direttrice di ‘Noi Donne’ e ha alle spalle una vasta esperienza politica e di amministratrice, dapprima come parlamentare e poi come assessore alle Politiche per la Semplificazione e le Pari opportunità del Comune di Roma. Nel 2007 ha lasciato l’Italia per svolgere in India un lavoro di cooperazione internazionale in difesa dei diritti delle donne nell’ambito di un progetto coordinato dalla CGIL. Da questa esperienza è nato un libro, Indiana, nel cuore della democrazia più complicata del mondo, edito da Donzelli Editore. Collabora con ‘La Stampa’.
Maddalena Vianello, studiosa e organizzatrice culturale, ha conseguito nel 2007 il Master in Media and Communications presso la London School of Economics. È stata direttrice della Design Library, impresa di promozione del design italiano. Dal 2011 è impegnata in Officina Emilia, iniziativa culturale dell’Università di Modena e Reggio Emilia. È ideatrice del progetto di ricerca SONIA la meccanica delle donne. Ha collaborato con l’Istituto Luce, con La storia siamo noi e altre produzioni televisive e documentaristiche. È impegnata nel movimento delle donne e parte dell’Associazione Orlando di Bologna.
Maria Ianniciello