Quello che si è appena concluso è stato un anno nero per l’industria italiana. Nel 2012, secondo i dati pubblicati oggi dall’Istat, considerando la media annua il fatturato dell’industria ha infatti registrato un calo del 4,3 per rispetto al 2011. Ancora più drammatica la dinamica degli ordinativi, cioè le commesse incassate dalle aziende e che si riferisce ai mesi a venire, che hanno registrato un tracollo del 9,8 per cento.
Il mese di dicembre per l’Istituto nazionale di statistica si è chiuso con una crescita dello 0,8 per cento del fatturato rispetto a novembre, ma con una diminuzione del 9,2 per cento dell’indice grezzo rispetto a dicembre 2011. L’ultima variazione tendenziale del fatturato è composta da una crescita dello 0,5 per cento sul mercato interno e dell’1,5 per cento su quello estero. Nella media degli ultimi tre mesi del 2012, l’indice complessivo registra una flessione del 2,1 per cento rispetto ai tre mesi precedenti.
Significativa la ripartizione per quanto riguarda i singoli settori: ‘incremento tendenziale maggiore del fatturato si registra nel settore della fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (+25,1 per cento), mentre la diminuzione più marcata riguarda le altre industrie manifatturiere, riparazione e installazione di macchine ed apparecchiature (-18,7 per cento).
COSTRUZIONI – Presentati oggi anche i dati relativi al settore costruzioni. Nel mese di dicembre 2012 l’indice destagionalizzato della produzione nelle costruzioni è aumentato dell’1,6 per cento rispetto a novembre 2012. L’indice corretto per gli effetti di calendario, a dicembre 2012, è diminuito in termini tendenziali del 15,4 per cento (i giorni lavorativi sono stati 19 contro i 20 di dicembre 2011). Nella media dell’intero anno 2012 la produzione nelle costruzioni è diminuita del 14,2 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Nel confronto tra la media del 2012 e quella dell’anno precedente la produzione è diminuita del 14,0 per cento.
CONFINDUSTRIA – L’economia globale sta riprendendo slancio, trainata da tutti i maggiori emergenti e dagli Stati Uniti. In Cina e Russia l’attività è tornata in piena espansione, mentre più altalenanti sono i dati di Brasile e India. In USA prosegue a ritmo discreto la creazione di posti di lavoro ed è robusta la crescita di terziario e manifatturiero; è ripartito il settore edilizio, tanto da fornire ormai un solido contributo all’incremento occupazionale. È quanto emerge dall’analisi mensile del Centro Studi Confindustria. Anche nell’Euroarea si registrano segnali incoraggianti a inizio 2013, dopo la netta caduta del PIL nell’ultimo quarto del 2012, con miglioramento della fiducia tra le imprese e i consumatori; tuttavia, la disoccupazione resta in aumento e le dinamiche tendono ulteriormente a divaricarsi, con la Germania ormai ripartita e la Francia invece in recessione ancora più marcata. Per l’Italia gli indici anticipatori confermano progressi nei mesi a venire sia nella domanda interna sia nell’attività economica generale, grazie all’andamento del manifatturiero, che beneficia della ripartenza degli ordini dall’estero; in difficoltà rimangono sia i servizi sia le costruzioni.
Il quadro nel complesso è di estrema debolezza e fragilità: il mercato del lavoro è bruscamente peggiorato sul finire del 2012, con un forte calo di occupati; la fiducia delle famiglie è al minimo storico e gli acquisti ne risentono (nuovo crollo per le auto in gennaio); la redditività delle imprese continua a diminuire; le condizioni per il credito sono divenute ancora più strette, per i timori delle banche riguardo alla solvibilità della clientela, timori che tendono ad autoavverarsi proprio per la riduzione della liquidità. Il rincaro delle materie prime, soprattutto petrolio, crea ulteriori difficoltà.
L’euro si apprezza, spinto all’insù dalle differenti impostazioni delle politiche monetarie: superespansive quella americana e giapponese, sempre prudente quella della BCE, che ha in cantiere un meccanismo, sul modello inglese, per fornire prestiti alle banche finalizzati a divenire credito per le PMI. La risalita della moneta unica dai minimi del 2012 è positiva nella misura in cui quei minimi rispecchiavano il rischio del suo stesso dissolvimento; ma già a questi livelli il cambio comincia a mordere.