«Una tracciabilità totale che cominci negli allevamenti e prosegua con il sistema di raccolta del latte e la successiva trasformazione. Questo è il percorso da intraprendere per restituire alla filiera bufalina la credibilità che merita e garantire l’adeguata tutela alla mozzarella di Bufala Campana Dop».
Così interviene Confagricoltura in merito al decreto che il Mipaaf si appresta ad emanare sulla materia.
«Bisogna evitare che ulteriori proroghe o soluzioni «ponte» – continua Palazzo della Valle – rappresentino un semplice modo per non affrontare la vera questione della messa in sicurezza del comparto, benché mirino a superare la difficoltà creata dall’obbligo di allestire stabilimenti dedicati esclusivamente alla produzione di mozzarella di bufala campana Dop».
Per Confagricoltura, «quanto stabilito nell’incontro di ieri coordinato dall’assessorato all’Agricoltura della Regione Campania e sottoscritto da tutto il mondo agricolo e dalla trasformazione, deve rimanere la linea guida per ogni futura decisione». Confagricoltura afferma inoltre: «I caseifici che intendono produrre mozzarella di Bufala Dop potranno raccogliere solo latte di bufala che sia proveniente dall’area Dop, pur essendo loro consentito di produrre anche altri formaggi e derivati, ma sempre e soltanto con latte di bufala Dop. Potrà essere stabilito un periodo transitorio per consentire l’utilizzo delle giacenze di latte preventivamente dichiarate, ma soprattutto è necessario ed opportuno che lo strumento operativo per una tracciabilità semplice e finalizzata alla conoscenza dei processi di tutta la filiera sia affidato alla piattaforma informatica già operativamente disponibile presso l’Osservatorio regionale per la Sicurezza Alimentare (O.R.S.A.) costituito tra la Regione Campania e l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Mezzogiorno, struttura già esistente ed utilizzata vantaggiosamente già in occasione della emergenza diossina e per la eradicazione della brucellosi». Secondo Confagricoltura, «Altro non occorre per valorizzare un settore da tempo simbolo del Made in Italy e che vale una fetta importante dell’economia del Mezzogiorno. Così come non occorre neanche svilire le sue caratteristiche uniche modificando in maniera insensata il disciplinare di produzione».