Ci sono cose che non si possono non vedere e non dire. Ci sono fatti che vanno denunciati; situazioni che possono e devono essere cambiate. In questi giorni si legge e si sente di violenza sulle donne, vittime di uomini prepotenti e troppo insicuri per poter lasciare libera la propria moglie, compagna, fidanzata. Io guardo, leggo e medito. E, dopo aver riflettuto, mi pongo delle domande: ma questi uomini non sono figli di donne? Non sono stati educati da donne? Cosa si scatena nella mente di questi ragazzi? Da uno studio recente si evince che la maggior parte di questi bambini, diventati uomini, ha interiorizzato e poi esternato la violenza vista e udita; le bambine invece, che hanno visto il padre picchiare la madre, tendono da grandi ad auto-punirsi, ripetendo lo schema comportamentale genitoriale a oltranza, che purtroppo è diventato così una costante nella loro vita! Una compulsione. L’odio e il rancore dunque non fanno certo bene, anzi annientano chi lo prova e le generazioni successive. Ma tornando al tema di questo editoriale, cioè alla violenza sulle donne, mi preme fare una considerazione: gli abusi non sono solo fisici che certo provocano delle ferite. Ci sono però delle abrasioni che stentano a guarire e sfociano in un malessere psicologico che ha le radici nei ricatti morali, negli abusi mentali. Essere donne in alcune zone d’Italia – dove il delitto d’onore pur essendo stato abolito è ancora nella psiche delle persone – è difficile anche se non impossibile. In alcune aree del Paese un essere umano di sesso femminile, per essere legittimato come persona, deve ancora ricoprire solo il duplice ruolo di madre e moglie. Poi, se magari ha tempo e voglia, può dedicarsi al lavoro. Chi decide di fare scelte diverse è (scusate il gioco di parole) un diverso. Si innesca così quel meccanismo che Roberto Saviano chiama “la macchina del fango”. Eppure, la maternità e l’amore per un uomo – che dovrebbe essere non il capo famiglia bensì un compagno di vita – sono dei doni preziosi e non degli obblighi. Come uscire da tutto questo? Mediante la cultura autentica che ci permette di scoprire chi siamo e qual è il nostro posto nel mondo senza costringerci a scegliere tra carriera e figli o peggio ancora tra amore e carriera. Le leggi ci sono, certo possono essere migliorate, ma il cambiamento è nelle mani delle donne che sono madri e che possono impartire ai loro figli, maschi e femmine, il concetto di parità dei sessi. Che non si raggiunge sfoggiando il proprio corpo, bensì attraverso il pensiero consapevole edificato gradualmente sulle fondamenta di una solida autostima che proviene dall’interno e che a sua volta va costruita giorno per giorno con parole e atti d’amore verso noi stesse. Perché nessuno potrà amarci quanto noi stesse. Nessuno potrà legittimarci quanto noi stesse. E`per questo che in qualità di coeditore e direttore di questa testata ho deciso, insieme all’editore, di investire nella Cultura Vera, affiancandomi di professionisti che lavorano non solo nel giornalismo ma anche in altri campi del sapere. Per cominciare, dal nostro piccolo, il tanto agognato cambiamento…
Maria Ianniciello