La musica, in particolare il jazz, può aiutare i leader a comprendere e a favorire i processi innovativi? Un libro ci mostra che è possibile. L’autore è Frank J. Barret, docente di Management e Global Public Policy presso la Graduate school of business and public policy della Naval Postgraduate school in Monterey, California. Dal 2008 al 2010 Barret è stato visiting scholar presso la Business school di Harvard e presso la Law school’s program di Harvard sulla Negotiation. Consulente presso numerose organizzazioni e grandi aziende, autore prolifico e conferenziere, Barret è anche pianista jazz; leader di un trio e di un quartetto, ha molto viaggiato tra Stati Uniti, Inghilterra e Messico con l’Orchestra Tommy Dorsey. E adesso è in libreria con “Disordine armonico. Leadership e jazz” (Egea 2013, 224 pagg., 26 euro). Nel libro l’autore invita a rompere con le rigide convinzioni che imprigionano i leader e a sperimentare ciò che si prova quando si va oltre le certezze. Il docente mostra come tra Jazz e leadership ci sia un rapporto che va oltre la pura metafora, evidenziando come i gruppi jazz siano di fatto organizzazioni progettate per l’innovazione e come gli elementi progettuali insiti in questo genere musicale possano essere applicati a tutte quelle organizzazioni che vogliono innovarsi. Nel testo vengono illustrati inoltre sette principi che rappresentano la struttura di supporto necessaria a comprendere e coltivare l’improvvisazione e l’innovazione strategica; i principi diventano i titoli dei sette capitoli del libro, nel quale si alternano esempi tratti dal mondo del jazz e storie del mondo imprenditoriale.
«Questo libro è solo in apparenza sull’improvvisazione jazz. Questo è un testo sulla leadership come atteggiamento mentale e sul tipo di attività e competenze che aiutano i leader a comprendere e a favorire i processi innovativi», afferma Berret che aggiunge: «La mia speranza è che i manager possano acquisire utili intuizioni in merito alle scelte e alle attività che i jazzisti compiono quando improvvisano, preparandosi ad essere spontanei».
L’autore ci insegna infatti a conoscere l’arte del disimparare, per difendersi dal potere seduttivo della routine, dando “largo al disordine” per sviluppare competenze positive e gestire situazioni intricate. Si focalizza sull’agire e sugli errori come fonte di apprendimento, sul sostenere l’importanza di un modello organizzativo caratterizzato da una struttura e da un coordinamento essenziali, per consentire di massimizzare la diversità. Non trascura l’improvvisare e lo stare insieme che favoriscono opportunità impreviste e fortunate incoraggiando scoperte inattese. Nel libro viene messa anche in risalto l’importanza dell’alternanza dei ruoli, così come fanno i grandi musicisti jazz, focalizzandosi anche sul ruolo di stimolo del leader per consentire al gruppo di affrancarsi dalle competenze più tradizionali. Il volume offre quindi un kit di strumenti in materia di improvvisazione, ovvero misure concrete che i leader possono adottare per diffondere una cultura che valorizzi il concetto di improvvisazione.