È una grande antologica dedicata all’artista contemporaneo Tino Stefanoni e si intitola “L’enigma dell’ovvio”. A ospitarla sino all’11 gennaio 2014 è la Galleria Gruppo Credito Valtellinese di Milano, lo spazio dell’omonima Fondazione che a partire da questa settimana espone un centinaio di opere realizzate a partire dal 1965 dall’artista lecchese. Un corpus di pezzi d’arte in grado di documentare il percorso creativo di un uomo che ha saputo combinare gli echi della Pop Art alle atmosfere della Metafisica. Curata da Valerio Dehò, la mostra riassume nel suo titolo alcuni aspetti fondamentali della poetica di Stefanoni, fatta di elementi semplici che vengono presentati in un modo spiazzante e che, proprio per questo, si trasformano in mistero. «La dimensione di apparente semplicità – spiegano i promotori della mostra – rende enigmatici questi lavori, che attestano la qualità e il pensiero di un artista che ha attraversato da protagonista gli ultimi 50 anni di storia dell’arte italiana».
LA POETICA DI STEFANONI – Nato a Lecco nel 1937, Stefanoni si è sin da subito dedicato all’arte e, pur avendo sperimentato nel corso della sua lunga carriera linguaggi diversi, in genere i suoi lavori sono caratterizzati da un comun denominatore, una cifra stilistica che rende le opere riconoscibili: «a guidarmi – ci spiega lo stesso artista – è infatti un principio di base, ossia che meno elementi sono presenti in un’opera, più pregnante sarà il suo significato». Un minimalismo, quindi, che è riscontrabile in tutta l’opera di Stefanoni, cui si aggiunge una grande attenzione nei confronti degli oggetti. «È negli oggetti – racconta – che gli uomini lasciano traccia del loro pensiero e della loro storia. Diversamente dai mondi animale e vegetale, quello delle cose è di pertinenza dell’uomo ed ecco perché mi interessa così tanto. Più volte mi sono occupato degli oggetti del nostro quotidiano, li ho campionati e ho provato a rintracciare la poetica umana che nascondono».
I PERIODI E LA MOSTRA – Entrando nel dettaglio, il percorso espositivo si snoda a partire dal ciclo dei Riflessi, una serie di opere che riflettono le suggestioni della Metafisica di Carlo Carrà e che svelano quella cura per il dettaglio che presto diviene una delle cifre più caratteristiche dell’artista lecchese. A cavallo tra anni Sessanta e Settanta, Stefanoni ha poi un’intuizione: quella di provare a utilizzare la segnaletica stradale nella rappresentazione della realtà. Nascono, infatti, i Segnali stradali regolamentari, al cui interno sono inseriti oggetti considerati icone, questi ultimi protagonisti anche delle tele di tutti gli anni Settanta. Una sorta di “metafisica senza mitologia”, quindi, all’interno della quale trovano spazio oggetti comuni come matite, mestoli, borse per l’acqua, flaconi, imbuti, disposti in file ordinate, sovrapposti o affiancati gli uni agli altri.
È sul finire del decennio in questione che la poetica di Stefanoni si evolve ulteriormente, allontanandosi dalla Pop Art e avvicinandosi al rigore dell’arte concettuale. Elenco di cose (1976-1983) rappresenta, infatti, una serie di quadri in cui soggetti minimali, quotidiani, spesso estranei alla tradizione della pittura come, ad esempio, pinze o martelli, diventano i veri protagonisti. Seguiranno, poi, la serie delle Apparizioni, dominata dall’essenzialità della linea e dalla distanza dal colore, e i Senza titolo degli anni Ottanta, in cui il colore racchiuso dalla linea nera rappresenta nature morte e vedute senza mai includere la figura umana e in cui le ambientazioni rimandano alla Metafisica. Le casette e gli alberi sono oggetti ridotti all’essenziale, alla semplicità di una forma. Il tutto si chiude con le recenti Sinopie, dove si azzerano il colore e i contorni dei paesaggi, alla ricerca di una sempre maggiore essenzialità.
Galleria Gruppo Credito Valtellinese, Milano
Orari: da lunedì a venerdì 13:00 – 19:30, sabato dalle 9:00 alle 12:00, chiuso domenica
Ingresso libero
Valentina Sala