Nella vita di un uomo, i ricordi non svaniscono, non si vaporizzano come i milioni di esseri umani inghiottiti dall’orrore di un regime, dalla follia e dal delirio di un’intera nazione. Prima o poi, arriva il momento di fare i conti con il proprio passato, di cercare di capire perché si è agito in un modo piuttosto che in un altro. I fantasmi, quelli veri, quelli che fanno paura, rimangono nella mente. Allora, forse, dopo una vita di tormento, può bastare una notte, l’ultima della propria esistenza, per affrontarli tutti, per confrontarsi con quelli che accusano di aver tradito e con quelli grati per aver operato al fine di salvarne il più possibile, fosse anche una sola. “Chi salva la vita di un solo uomo, salva tutto il mondo”, ma non basta ad Oskar Schindler l’affermazione del suo fido contabile Stern per evitare il doloroso confronto con una realtà di cui lui stesso era parte integrante. E’ necessario, il confronto, doloroso ma catartico. “Perché hai rinunciato a tutto, perché?”, gli gridano i fantasmi nella mente…incarnati dal diabolico ex “amico” Amon Goeth, carnefice senza rimorsi, “hai tradito…lo hai fatto solo per salvare te stesso…non poteva importarti di quelle vite”. Combatte contro le insinuazioni più infamanti, fatica a fornire ragioni a chi non le può capire, sordo ieri come oggi. Interrogativi e risposte vengono scanditi dalle tappe dell’inferno, iniziando da Cracovia nel 1939 fino al tragico epilogo dei campi di sterminio ed alla successiva liberazione del 1945, con continui flashback mirabilmente messi in scena dalla regia, senza alcuna recitazione ma estremamente efficaci per mezzo dei movimenti scenici degli attori, che riescono a trasmettere appieno il dolore, la paura, la mortificazione, la tragedia finale.
L’opera teatrale realizzata da Francesco Giuffrè (figlio del grande Carlo), nella sua prima nazionale al Teatro Piccolo Eliseo Patroni Griffi, a Roma, ben utilizza l’artificio drammaturgico partendo dagli ultimi giorni di Oskar Schindler (un magnetico Carlo Giuffrè), una vita fallimentare dopo la guerra, tornato in patria dopo aver vissuto in Argentina, alle prese con un neonazista che gli propone sprezzantemente di collaborare per la costituzione di un fantomatico quarto reich. Relegati i due dietro una fitta tendina che, suggestivamente, funge da porta spazio-temporale verso i ricordi terribili degli anni passati, Schindler – Giuffrè la attraversa per incontrarli e fare i conti con la propria coscienza e, come ogni uomo, lo fa parlando con le figure “forti”, funzionali alla storia rappresentata. Il contabile Stern (un bravissimo Valerio Amoruso), il terribile Amon Goeth (Pietro Faiella, inquietante e convincente) e la moglie Emilie, bonaria e comprensiva nonostante una vita relegata nell’ombra dalla personalità e dai comportamenti non irreprensibili del marito (interpretata da un’intensa Marta Nuti). Una regia molto importante caratterizza questa pièce inedita (mai era stata rappresentata teatralmente), caratterizzata dai bellissimi “quadri muti” che scandiscono gli anni della follia nazista, con prove attoriali notevoli e faticose dei quattro in scena. Qualche lentezza si avverte, ma certamente non inficia il grande lavoro che “si respira” in quello che lo stesso regista ed autore ha definito “un evento”.
Il carisma del Maestro Carlo Giuffrè, se possibile reso ancor più caloroso dagli anni, ben incarna quella che fu “l’anomalia” all’interno del delirio collettivo di un popolo, di un’epoca e, forse, dell’intera umanità, anche se con altri nomi e colori, fino ai nostri giorni. Ben vengano opere come questa, memoria e vigilanza.
Paolo Leone
“La lista di Schindler” di Francesco Giuffrè
Teatro Piccolo Eliseo Patroni Griffi, Roma. Dal 4 al 30 marzo 2014
Regia: Francesco Giuffrè
Scene: Andrea Del Pinto
Musiche: Gianluca Attanasio
Costumi: Sabrina Chiocchio
Disegno luci: Giuseppe Filipponio
Video: Letizia D’Ubaldo
Con Carlo Giuffrè, Valerio Amoruso, Pietro Faiella, Riccardo Francia e Marta Nuti.