La recensione, canzone per canzone, del nuovo album di Vasco Rossi “Sono innocente”, da “Come vorrei” a “Dannate Nuvole”
E’ un Vasco sincero, lucido e ironico, a tratti pungente e determinato come non lo abbiamo mai visto, né sentito in 36 anni di carriera. Vasco si specchia oggi con le sue fragilità, freme dalla voglia di confessare l’inconfessabile, di gridare al mondo che errare è umano ma che, in fin dei conti, è innocente, almeno come artista. Il nuovo album di Vasco Rossi, “Sono innocente”, è uscito da pochi giorni ed è già un successo di vendite e di critica. Attraverso le sue quindici tracce, il disco si presenta come un diario intimo nel quale il Blasco parla della vita, delle sue insicurezze, dell’amore che fa pensare e soffrire, degli ostacoli che a volte sembrano ritardare, se non addirittura bloccare, il cammino verso la serenità e la realizzazione di se stessi. Quindici canzoni nelle quali ritroviamo, con enorme piacere, il Vasco-poeta ispirato che abbiamo apprezzato anche in passato (soprattutto nel brano “Un senso”), ma anche il Kom-andante agguerrito, grintoso, graffiante dei tempi migliori (quello di “Fegato spappolato”, per intenderci). Dal punto di vista musicale, “Sono innocente” si compone di brani dalle melodie raffinate e delicate, ballad che si cullano tra chitarre classiche e malinconiche. E poi ci sono pezzi hard rock, powerfull e indiavolati, con batteria e chitarre tiratissime e spiazzanti, capaci di strizzare l’occhio al metal più tagliente e gotico. Si sorride con un paio di brani rivisitati, così come due bonus tracks simpatiche che tanto somigliano alle storie cantate da Branduardi, De André e Rino Gaetano. Ma vediamo, traccia per traccia, come si struttura il nuovo album di Vasco Rossi.
Partenza spericolata con “Sono innocente ma…”, un titolo che già ci indica la strada intrapresa dal disco. Vince Pastano brucia l’atmosfera con un intro di chitarra sorprendente, mentre il rocker di Zocca fa i conti con la valanga di critiche che ancora oggi, nonostante siano trascorsi anni, lo travolge: “Sono innocente o no. Si fa quel che si può. Sono innocente ma qui qualcuno è sempre pronto a giudicare qualche incidente di gioventù che ancora fa male”. Il disco procede con “Duro incontro”, pezzo corrosivo, acido, scritto e musicato interamente dal Blasco (anche se Pastano compie un mezzo miracolo sonoro). Dopo l’incantevole “Come vorrei”, singolo che suona in radio da qualche giorno e che mostra un Vasco romantico e intenso, ecco “Guai”, mid-tempo guidata da una chitarra acustica e da un amore che oggi appare stanco, privo di stimoli, trascinato da dubbi che sporcano di incertezza una relazione forse senza futuro: “Tu dimmi solo se adesso sei con me oppure non mi vuoi ed è finita. Sai, si vive senza mai sapere come andrà domani”, canta il Kom.
“Lo vedi” è un terremoto di energia e di emozioni contrastanti. Sulla scia del metal più ferreo, Vasco regala una canzone di forte impatto, di quelle che “non dormi mai” e che ti stravolgono la giornata tanto da insinuarsi nella mente per non uscirne più. “Aspettami”, implora il cantautore modenese nella sesta traccia del nuovo album. Il tocco di tastiere condisce il ritmo di elettronica, mentre il testo rivela sogni e desideri di imbarazzante verità sentimentale. Un volo onirico che si spezza in un cielo soffocato dalle “Dannate nuvole”, altro singolo che ha dominato le classifiche nella prima parte del 2014. Capita, nella ricca produzione artistica di Vasco Rossi, che nascano canzoni in cui a raccontarsi è uno strumento musicale: “Il Blues della chitarra sola” è un pezzo che strappa sorrisi ma anche una lacrima di commozione, concentrata come è nello descrivere, tra sprazzi di follia electro-rock, la solitudine di un’anima in pena.
Ancora amore, desiderio e passione tornano protagonisti in “Accidenti come sei bella” (se volete fare una dedica alla vostra dolce metà, questo è il brano ideale); ennesimo tuffo nel passato, invece, con “Quante volte”, nella quale Vasco nuota tra le onde di ricordi, errori, cadute, ferite, accettando ogni singolo passo falso come inevitabile esperienza di vita. Riflessioni che portano a “Cambia-menti”, undicesimo brano di “Sono innocente”, forse il meno entusiasmante e convincente (colpa della tromba oppure del testo confuso?). Tutti in piedi sulle note di “Rock Star”, traccia strumentale total black, la più spiritata e virtuosa del disco di Vasco. Applausi, per la grinta e il coraggio (in Italia un brano simile è merce più unica che rara).
“L’uomo più semplice”, anticipazione hard rock dell’album che ben conosciamo, precede due sorprese gustosissime (vola alta “L’Ape Regina”, sorretta dalle robuste ali di archi e di violini; si veste finalmente di abiti moderni l’ammuffita “Marta piange ancora”, scritta da Vasco ragazzino posseduto, per un istante, dall’anima dei vecchi cantastorie della tradizione italiana). Due tracce aliene che chiudono col sorriso un album ricco di sonorità pop-rock, hard rock, heavy metal, elettroniche, blues e (udite udite) di musica classica. Il nuovo album è sperimentale, astuto, viscerale, progettato e curato nei minimi dettagli per descrivere e amare, passo dopo passo, il Vasco di ieri, di oggi e, soprattutto, di domani.
Silvia Marchetti