Parigi è di nuovo sotto attacco e, con essa, l’intero Occidente. Di nuovo l’oscura mano dei terroristi islamici si è allungata sulla capitale francese per seminare morte e paura. Il Presidente Hollande ha dichiarato lo stato d’emergenza e chiuso le frontiere, l’Isis non ha ancora rivendicato gli attacchi di ieri sera, ma i suoi militanti preannunciano che, ora, toccherà a Roma, Washington e Londra. Questa mattina il bilancio parla di 7 attentati, 127 vittime e 192 feriti.
Ieri sera, 13 novembre, ci sono state sparatorie in vari punti della città; il primo attentato ha avuto luogo in un ristorante del X arrondissement, provocando 10 morti. Subito dopo le esplosioni di due kamikaze vicinissime allo stadio, dove si stava giocando la partita amichevole tra Francia e Germania, hanno messo definitivamente Parigi in ginocchio e fatto circa 30 vittime. Infine un nuovo orrore: l’assedio dei terroristi al teatro Bataclan, proprio durante un concerto, la presa degli ostaggi e la morte di circa un centinaio tra questi, forse uccisi uno a uno. Era uno dei tanti fine settimana in cui i parigini amano uscire, ma si è trasformato in un inferno, con la capitale letteralmente presidiata da polizia e teste di cuoio. Il presidente francese, che è stato evacuato dallo stadio dove stava assistendo alla partita, ha parlato alla nazione, impaurito e scosso tanto da elevare il livello di emergenza alla soglia “Alpha Rouge”, che corrisponde al pericolo più grave, ovvero alla presenza di più attentatori dislocati in posti diversi e, quindi, ad attentati molteplici.
La Francia, ora è blindata, così come le sue frontiere e il livello d’allerta massimo. Cosa sta succedendo? Perché tutto questo orrore e cosa dobbiamo fare, sul serio, a partire da oggi? Ora è il momento del lutto e del dolore, ma non possiamo permetterci, nonostante la gravità della situazione, di rimanere immobili. Lo abbiamo capito da tempo: l’Occidente è oggetto di un odio viscerale che parte dall’aberrazione di un concetto chiave come “jihad”, dalla follia, dall’indottrinamento (specie quello delle menti più fragili), dalla sete di potere e di conquista più sfrenate, che si concretizzano nella riproposizione di antichi modelli e terminologie.
Pensiamo, per esempio, al fatto che i terroristi definiscano chi li combatte un “crociato”. In questa parola è riassunto il termine di miscredente e quello di nemico dell’Islam. Se sulla definizione del primo concetto, purtroppo, gli esseri umani si sono fronteggiati sui campi di battaglia per secoli, così come nella competizione culturale e tecnologica, in molti casi dando alla parola “miscredente” anche la coloritura di “culturalmente inferiore”, sul secondo vi è da dire che, almeno oggi, l’Occidente non ha alcuna motivazione per porsi come nemico dell’Islam. La situazione, semmai, vede l’Islam più integralista e violento porsi contro i valori occidentali, come ha giustamente ricordato il Presidente degli Stati Uniti Obama nel discorso alla nazione di ieri sera. Perché tale recrudescenza? La ragione è tanto semplice quanto sconcertante e assurda: in Europa abbiamo faticosamente costruito, nei secoli, il nostro modo di vivere. Ciò ha comportato guerre, morte, massacri anche da noi. Non abbiamo conquistato i diritti di cui oggi possiamo ancora godere solo dialogando. Perfino l’Illuminismo affonda parte della sue radici nella Rivoluzione Francese e, come sappiamo, quest’ultima ha portato alla nascita di un’epoca di terrore.
Nonostante questo il mondo occidentale ha imparato dai propri errori, riuscendo a trovare un equilibrio durato fino a oggi, seppur attraversando due guerre mondiali che hanno destabilizzato e perfino cercato di annullare i progressi fatti. La nostra libertà e i diritti che abbiamo conquistato e che, comunque, non sappiamo ancora applicare alla perfezione, non appartengono certo ai terroristi i quali, invece, mirano alla totale sottomissione di chi non è in accordo con il loro aberrante pensiero, che è arrivato perfino a decontestualizzare il concetto di jihad per i propri fini, esasperandone alcune caratteristiche a scapito di altre.
Questi uomini che seminano morte e non hanno alcun rispetto per la vita umana, possiedono tre soli obiettivi: morire per Allah, uccidere per Allah e creare terrore. I primi due scopi sono terribili, il terzo non è da meno: creare situazioni di caos e panico vuol dire sospendere la nostra normale libertà di movimento e parola, insomma, cancellare il più a lungo possibile i nostri diritti, spingendoci a sopravvivere con la paura come unica compagna.
A questo punto possiamo agire su due fronti, quello militare e quello culturale. Nel primo caso occorre che ci sia una risposta vera, concreta, contro l’Isis e, in generale, contro il terrorismo islamico: Stati Uniti e Russia devono trovare, se non un accordo in merito, almeno un equilibrio, visto il ruolo fondamentale da loro giocato sullo scacchiere politico mondiale. Indebolire e sconfiggere il terrorismo islamico non sarà facile e, a questo livello, gli attacchi via terra ai militanti dell’Isis, principale obiettivo, significheranno morte. Non possiamo, però, più aspettare, considerando che non conosciamo la loro reale capacità militare, il pericolo esiste e si sta espandendo ogni giorno di più. I vuoti di potere venutisi a creare con la caduta di alcuni regimi, come quello libico, rappresentano un asso nella manica dei terroristi, poiché rappresentano, sulla carta geografica, facili prede di conquista o, comunque, polveriere che possono esplodere da un momento all’altro.
La soluzione culturale non è meno importante: se è vero, infatti, che i nostri principi e i nostri valori garantiscono uguali diritti e libertà, non dobbiamo cadere anche noi nel tranello delle aberrazioni. In concreto: non occorre “nascondere” o eliminare le nostre tradizioni per paura di offendere, non occorre essere buoni al punto da farsi calpestare, poiché di questo passo arriveremo a negare noi stessi e la nostra libertà. Questo modo di fare sta diventando addirittura una “corsa ai ripari anticipata” (vediamo il caso Starbucks) ed è uno dei segni tangibili della nostra paura e, quindi, della forza della libertà che si affievolisce.
Cosa c’è di offensivo in un film, in un’opera d’arte, in una tradizione o in una canzone? Ogni Paese può decidere in autonomia cosa considerare giusto o sbagliato, ma non può imporre i propri metodi di giudizio al di fuori dei propri confini. Se, poi, siamo noi a preoccuparci di cosa può risultare giusto o sbagliato, offensivo o meno, per altri, estremizzando fino al punto di sottometterci a qualunque richiesta e, perfino, anticipandola, stiamo svendendo i nostri diritti, consegnandoli nelle mani di quei pochi che li useranno contro di noi e con il nostro permesso.
Gli attentati di Parigi sono un terribile monito: non dobbiamo chiuderci in noi stessi, ma neppure abbassare le difese. C’è bisogno di agire, di svegliarci, di formare giovani che sappiano conservare ciò che è stato conquistato a un prezzo altissimo. L’Occidente non è corrotto, come pensano i terroristi, ma sta diventando un gigante dai piedi d’argilla e quell’argilla siamo noi, sempre più impauriti e rassegnati. Cosa ci ha insegnato la Storia? Cosa tutti quelli che hanno dato la vita affinché potessimo vivere liberi oggi? Non possiamo dimenticarli, non possiamo più far finta di nulla. E’ l’unico “diritto” che non abbiamo e che non dovremmo nemmeno aver voglia di pretendere.