Quante volte abbiamo sentito dire che i libri rappresentano la chiave per l’indipendenza, la libertà, la fantasia e rendono piena la vita?
Di sicuro molte volte anche se, purtroppo, l’Italia non figura tra i Paesi appassionati di questo prezioso strumento di cultura. Forse non lo abbiamo ancora realizzato, ma possediamo un enorme, inestimabile privilegio: saper leggere e scrivere.
Lo diamo per scontato, ma quante cose ci consente di fare? Tanto per avere qualche esempio: fare la spesa, viaggiare, conoscere le notizie o i nostri diritti, avere informazioni, studiare, pagare le bollette (mi rendo conto che quest’ultima possibilità non sia il massimo che il mondo della lettura e della fantasia ci possa consentire, anche se certe cifre hanno un qualcosa di “soprannaturale”).
Tutto, insomma. Dalla compilazione e lettura di cose quotidiane, ma fondamentali come la lista della spesa alla lettura della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo.
Provate a pensare per un momento alla vostra vita senza questo privilegio. Vi disorienta? Vi atterrisce? Siete in balìa del mondo e degli altri, rifletteteci bene.
Eppure ci siamo talmente abituati, o meglio, assuefatti all’idea di saper leggere e scrivere che non diamo peso alla cosa. E` normale allo stesso modo in cui molti cittadini romani considerano “normale” la presenza del Colosseo, fino a non vederlo quasi più.
Qui sta il punto: ciò che è normale per noi, può non esserlo per altri.
Per tantissimi uomini e donne nel mondo leggere e scrivere è qualcosa di raro, se non impossibile.
Il 19 per cento della popolazione nel mondo arabo, come rivela l’Organizzazione araba per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, non sa né leggere né scrivere. Tra le donne la percentuale è, addirittura, del 60 per cento e sembra che questi numeri siano destinati a crescere.
I dati, riportati dal sito “Near East New Agency”, sono allarmanti e l’unico modo per invertire la triste tendenza è mettere in atto nuove strategie politiche, mirate all’istruzione maschile e, soprattutto, femminile.
L’analfabetismo è il risultato della povertà e anche di una certa mentalità che conosce il potere della cultura e sa quanto potrebbe nuocerle se dilagasse in tutto il mondo.
Situazioni in cui vince il più forte (non il più intelligente, o meritevole, o colto) e gli altri sono sottomessi, schiavi della brutalità, nasce proprio da qui, dalla mancanza di conoscenza.
A nulla servono i libri se non c’è chi li apre e si tuffa nel loro mondo. A poco servono le parole se non c’è chi può leggerle, capirle e imprimerle nella memoria.
Le pagine sono strumenti e come tali vanno usati.
L’ignoranza genera l’analfabetismo e questo genera altra ignoranza, in un circolo vizioso infinito quanto deleterio per l’umanità.
La questione dell’istruzione è un tema molto caro alle femministe arabe, le quali avevano capito e sanno ancora oggi che la libertà non può essere insegnata, ma deve essere appresa attraverso un percorso esistenziale e di studio che è, nello stesso tempo, individuale perché riguarda il soggetto che fa esperienze di studio e di vita e collettivo, perché il soggetto stesso arriva a rapportarsi e a comunicare con gli altri, contribuendo alla crescita del proprio Paese.
Le femministe sono sempre state consapevoli del fatto che ogni uomo e ogni donna devono essere in grado di scegliere e costruirsi da soli la vita.
Ma come?
Studiando, conoscendo diritti e doveri. Così si conquista la libertà. Ciò significa imparare a leggere, scrivere e comprendere ciò che si legge (non dimentichiamo, infatti, che i concetti di lettura e comprensione dovrebbero coincidere, benché non sempre accada).
Un esempio molto importante, che riguarda una questione molto dibattuta anche in Occidente: l’uso del velo.
Molti sostengono, da noi come nel mondo arabo, che la libertà passi esclusivamente attraverso l’abolizione del velo.
Una parte delle femministe, invece, sostiene che la situazione sia più complessa.
Non è, infatti, il velo e l’imposizione di metterlo o toglierlo che cambia la consapevolezza delle donne. Secondo molte studiose dell’argomento, le arabe dovrebbero essere messe nella condizione di scegliere da sole, senza imposizioni o imitazioni di comportamenti provenienti dall’esterno.
“Devi mettere il velo” o “Devi togliere il velo” sono ordini, ma una volta eseguiti, cosa lasciano alla donna?
L’emancipazione passa attraverso il velo o la consapevolezza di questo accessorio, che deriva, a sua volta, dalla conoscenza della società, della religione, della politica, della Storia, dei pareri degli studiosi?
La libertà vive in un oggetto o nella persona che prende coscienza della propria essenza grazie alla cultura?
Malala Yousafzai ci ha dato una risposta che vale più di mille parole: “Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.
E la possibilità di cambiare il mondo deve essere data a tutti.
Francesca Rossi