Oggi e fino al 7 febbraio 2016, presso il Palazzo della Ragione Fotografia di Milano, è possibile visitare la mostra “Henri Cartier-Bresson e gli altri. I grandi fotografi e l’Italia”, che ripercorre la storia ed esalta le bellezze italiane attraverso gli scatti dei più celebri fotografi stranieri. Oltre 200 immagini di più di trenta artisti provenienti da tutto il mondo caratterizzano un percorso attraverso cui il visitatore può ammirare scorci della Penisola ancora esistenti ma immortalati in un passato fatto di guerra, di bambini che giocano per le strade e di campagna, e panorami contemporanei, rivoluzionati da innovative tecniche fotografiche e da nuove correnti artistiche. «Amo scattare. Essere presente. È come dire “Sì! Sì! Sì!” come le ultime tre parole dell’Ulisse di Joyce…non ci sono “forse”», così riferiva Henri Cartier-Bresson a una giornalista in un’intervista nel 1973; ed è proprio con un suo autoritratto che si apre l’esposizione, con l’immagine di due gambe distese a piedi nudi in un paesaggio fatto di vegetazione, poche case e un uomo che si dirige verso l’obiettivo. Questo e tutti gli altri scatti di Henri Cartier-Bresson fanno parte dell’area “L’Italia, la fotografia “umanista” e altro”, la prima delle sette che caratterizzano l’intera mostra fotografica. Una bambina che saltella in un cortile assolato, un parrucchiere che si affaccia dalla vetrina del suo salone di bellezza sono solo alcune delle “umanità” che impreziosiscono le immagini in bianco e nero che Cartier-Bresson rubò alla Roma degli anni ’50. Altra protagonista di questa prima sezione è la Sicilia del ’43 immortalata dal grande Robert Capa; la Liberazione dell’Italia dal fascismo partì proprio da quella terra, dai volti impressi nella pellicola di Capa dove un contadino indica a un soldato americano la direzione nella quale i tedeschi si erano ritirati. Emblematica è la fotografia scattata a Napoli il 2 ottobre del 1943, giornata in cui si svolsero i funerali dei partigiani uccisi: il dolore grida silenzioso dai visi bianchi e sofferenti delle donne e dalle loro vesti nere. Il polacco David Seymour, altro artista di spicco di questa prima tappa, dedicò i suoi scatti italiani soprattutto ai riti sacri che da Milano a Messina, ancor più negli anni ’50 che oggi, animarono la vita dell’intero Paese. L’umanità si stempera lungo il nostro percorso nel lavoro di Herbert List, che ci immerge nella Napoli degli anni ’60, fatta di bimbi sorridenti, di botteghe artigiane e di sole, e nel reportage fotografico del brasiliano Sebastião Salgado realizzato in Sicilia negli anni ’90 per raccontare le vicende degli ultimi pescatori di tonni. L’uomo sempre al centro, dunque, negli spaccati di vita di questa prima parte della mostra, anche in quelli incredibilmente poetici dell’ancora studentessa Cuchi White che raffigurano attimi perfetti, in cui uomini e donne empatizzano e si fondono con il contesto che li circonda; basti pensare alla famiglia che fissa l’obiettivo e intreccia la sua presenza ai caratteristici trulli di Alberobello e all’uomo che, nel primo pomeriggio di una San Gimignano pigra e assolata, è seduto con il capo coperto da un cappello e riversa tutta la fatica sul suo bastone.
La seconda sezione della mostra “Henri Cartier-Bresson e gli altri. I grandi fotografi e l’Italia” è dedicata alla “Poesia del bianco e nero” con diversi contributi tra i quali quelli di Claude Nori, George Tatge ed Helmut Newton. Il primo ci conduce sulle spiagge del litorale adriatico attraverso una serie d’immagini come quella di una bambina su un’altalena in movimento; il secondo, il turco Tatge, realizza una fotografia “metaforica”, non documentaristica, che svela epifanie in scenari quotidiani (mistiche le raccoglitrici di cicorie nei pressi di Terni); il terzo, Newton, ci porta nella notte romana fatta di corpi in movimento, di tinte scure e piazze semi deserte. Nella terza tappa del Grand Tour, “Dove l’interpretazione diventa un atto d’amore”, la sperimentazione prende il sopravvento con l’arte di Abelardo Morell. L’artista cubano, attraverso la tecnica della «camera obscura», crea delle particolari immagini che mixano gli interni di case e palazzi alle vedute cittadine o paesaggistiche esterne: in una sola foto i canali di Venezia si sovrappongono così all’interno di Ca’ Foscari e gli scaffali di una biblioteca fiorentina coincidono con la vista sulla città. Della stessa sezione fanno parte le sperimentazioni di Hiroyuki Masuyama che attraverso la sovrapposizione di numerose immagini di Venezia ricrea l’effetto dell’acquerello utilizzato dal pittore Turner. Meravigliosi poi gli scatti della città lagunare di Alexey Tirarenko che raffigura Venezia dal 2001 al 2014 rendendo poetici persino i corpi dei turisti che sfumano gradualmente nel loro movimento in una Piazza San Marco immobile. Di grande impatto la Milano di Irene Kung, artista che si focalizza sull’architettura monumentale considerata l’espressione del potere nei diversi periodi storici. La Kung riflette su come la fotografia ci conduca spesso a soffermarci sui dettagli di quello che ogni giorno osserviamo distrattamente intorno a noi.
La sezione successiva “La nobile tradizione documentaria” raccoglie gli interventi di Mark Power, che utilizza dittici e trittici per trasmettere lo smarrimento del Paese, di Jordi Bernardò che si dedica ai palazzi romani del potere e di Paul Strand che racconta attraverso ritratti e paesaggi il piccolo centro emiliano di Luzzara. Da “Lo sguardo inquieto” di Art Kane, che narra Venezia attraverso l’immagine-sandwich di Piazza San Marco, si passa a “Lo sguardo positivo” di Steve McCurry che della città lagunare riproduce la perfetta alchimia tra persone e ambiente attraverso il leggero incedere delle gondole in un canale. Tra i numerosi artisti di questa stessa area tematica vi è Martin Parr che, ritraendo dei vacanzieri che a loro volta si fotografano immersi nelle bellezze della Costiera Amalfitana, documenta un fenomeno di costume oggi molto diffuso. Questo ricco percorso termina con l’area “Autoritratto: le possibilità del “racconto di sé” in cui la finlandese Elina Brotherus s’immortala nell’osservazione degli antichi acquedotti romani. Nobuyoshi Araki diventa una delle maschere che popolano la vetrina di un negozio veneziano e ancora la francese Sophie Zénon ripercorre la storia della sua famiglia affiancando le immagini della penisola ai ritratti dei suoi nonni che lasciarono il Paese durante il secondo conflitto mondiale. Sono tanti i luoghi raccontati e i punti di vista espressi in questo lungo percorso fatto d’immagini e riflessioni, sono tanti i cambiamenti e le innovazioni che nel tempo hanno investito il nostro Paese e l’arte della fotografia che in questa mostra camminano di pari passo arricchendosi vicendevolmente. La mostra “Henri Cartier-Bresson e gli altri. I grandi fotografi e l’Italia” è promossa e prodotta dal Comune di Milano Cultura, Palazzo della Ragione, con Civita, Contrasto e GAmm Giunti ed è stata curata da Giovanna Calvenzi. Per info su orari e altro: palazzodellaragionefotografia.it.