Il 15 gennaio 2015 uscirà nelle nostre sale l’attesissimo il film La teoria del tutto, tratto dal libro Verso l’infinito (Piemme), il best-seller che Jane Hawking ha deciso di dedicare a suo marito Stephen, uno degli astrofisici più brillanti del ventesimo secolo. La loro storia d’amore, nata presso l’università di Cambridge all’inizio degli anni Sessanta, avrebbe potuto essere tra le più comuni se non fosse stato per due elementi assolutamente straordinari: da una parte la mente geniale di Stephen Hawking, dall’altra la sua malattia degenerativa. Jane incontra Stephen, che ha 21 anni, è eccentrico, bizzarro e strapieno di vita, ansioso di penetrare il mistero della nascita dell’universo. Lei studia con passione la poesia spagnola e si innamora perdutamente delle sue stranezza e del suo eccezionale talento. La loro felicità durerà ben poco perché, a distanza di mesi, prima ancora che il loro fidanzamento diventasse ufficiale a Stephen viene diagnosticato questo male incurabile che avrebbe dovuto ucciderlo nel giro di due anni. A quel punto contro il volere di tutti, mostrando un coraggio e una tenacia lodevoli, Jane decide di sposare Stephen e di dedicarsi a lui completamente. Il suo sacrificio viene raccontato con particolare dovizia di dettagli nel suo libro che è diventato un caso letterario. Sono infatti in molti a pensare che, nonostante i venticinque anni di matrimonio con Stephen Hawking e i tre figli avuti insieme, prima della separazione agli inizi degli anni Novanta, non avrebbe dovuto essere affidato a lei il compito di raccontare la vita di una personalità tanto fondamentale per gli studi del ventesimo secolo. Il libro stupisce negativamente poiché sembra più che altro un diario di una donna, ansiosa che le venga riconosciuto il merito di essersi presa cura del marito malato. Inoltre nelle prime pagine, è impossibile non notare l’incredibile distacco con cui la signora Hawking parla della nascita della sua storia d’amore che nel film viene trasformato nel moderno incontro tra la Bella e la Bestia.
Nel film La teoria del tutto avviene una sorta di miracolo cinematografico rispetto a un libro privo di magia, dove è raramente presente un discorso diretto che possa farci apprezzare un confronto più vero tra moglie e marito senza che sia necessariamente filtrato attraverso le sensazioni e i sentimenti di lei. Quello di Jane non è un matrimonio normale e la sua non è la storia di una comune badante per questo con un po’ di stupore e delusione si leggono le pagine del suo libro, intrise di tristezza, quasi rimpianto e insoddisfazione. Detto ciò il libro offre anche degli spunti interessanti riguardo al racconto degli anni in cui è ambientato: l’ingiustizia sociale nell’America di JFK così come le disuguaglianze e il maschilismo dominanti. Jane sembra di fatto più appassionata mentre racconta il suo crescente fervore femminista rispetto agli anni trascorsi in compagnia di un genio come Hawking riducendo la vita con lui a un mezzo inferno. Poco dopo averlo sposato scrive: «Mi ero resa conto che il ruolo di una moglie ed eventualmente di una madre era un biglietto di sola ondata per l’oscurità assoluta, ed era essenziale che preservassi la mia identità». Per quanto sia possibile comprendere le sue preoccupazioni, risulta alquanto bizzarro scoprire che è questo lo spirito con cui ha affrontato la scrittura del libro, che poco o nulla a che vedere con Stephen Hawking che fa da sfondo alle beghe familiari in cui è coinvolta Jane, alle sue apprensioni come madre e alle sue frustrazioni come donna. Un libro decisamente trascurabile persino peggio del film La Teoria del tutto, poco fedele al testo, che ha già deluso le aspettative di molti. Sconsigliato per chi volesse godersi la visione della pellicola e soprattutto la magistrale interpretazione di Eddie Redmayne.
Rosa Maiuccaro