È in tutte le librerie, dallo scorso 9 gennaio, il settimo romanzo di Umberto Eco. La trama del libro ruota intorno al Numero Zero di un giornale che non uscirà mai. Siamo nel periodo di Tangentopoli. L’autore de Il Nome della Rosa scrive un’opera complessa che, nonostante qualche lieve bavatura, fa brillare il grande appeal del controverso scrittore contemporaneo.
Voto: [usr 3]
Non è mai di facile lettura un racconto di Umberto Eco, ed anche in Numero Zero come i precedenti, traspare il suo inconfondibile stile. Edito da Bompiani e distribuito in tutti gli store dallo scorso 9 gennaio, Numero Zero segna il ritorno alla narrativa per lo scrittore de Il nome della Rosa con un romanzo intenso, evocativo, brillante ma con qualche piccola sbavatura. Con frasi scollegate fra loro, voli pindarici e lunghe digressioni narrative, lo stile complesso ma coinvolgente di Umberto Eco, rivive fra le pagine del suo ultimo lavoro che, nel confermare le doti di abile “cantastorie”, ritrae un periodo storico italiano molto chiacchierato, i cui rumori si sentono ancora oggi.
Il 1992, e quindi gli anni di Tangentopoli, della folle politica della Lega e l’ombra delle Brigate Rosse, rivivono in Numero Zero, romanzo grottesco ma simil/veritiero della realtà sociale, politica e culturale di un’Italia che fu e forse è ancora. La vicenda gira attorno alla realizzazione di un giornale, un numero zero appunto, voluto da un facoltoso Commendatore che tramite informazioni di scarso interesse morale, vuole ricattare i ricchi ed i potenti di una Milano tetra e fuori dalle luci della ribalta. E qui entrano in scena i protagonisti della vicenda. Dapprima conosciamo il dottor Colonna, un perdente compulsivo, ghost writer fallito ma dalla sconfinata cultura. Ha una vita infelice, vissuta perennemente nei rimpianti, senza una donna, un affetto che lo consoli, e alla continua ricerca di un lavoro. “Fortuito” è l’incontro con Simei, che coinvolge Colonna nella realizzazione di un fittizio giornale che pubblica solo numeri zero e che non arriverà mai nelle edicole. Colonna dunque si incarica di monitorare il lavoro di una redazione variegata ed alquanto bizzarra che, nel collaborare per il facoltoso Simei, crede di poter finalmente trovare un posto nel mondo ed in un settore, quello del giornalismo, all’epoca settoriale e già competitivo. Il giornale si chiama “Domani” e la sua sfortunata realizzazione, si concepirà all’ombra di una realtà tumultuosa che nello stesso tempo metterà in pericolo i protagonisti.
“Non sono le notizie che fanno il giornale ma il giornale che fa la notizia”. La considerazione di Simei durante la prima riunione redazionale riassume il senso stesso del romanzo; Numero Zero infatti non vuol essere un atto di accusa verso un giornalismo becero e spazzatura; in realtà l’autore fa trasparire una certa fiducia nei riguardi di questa professione troppe volte infangata dalla società stessa. Umberto Eco quindi nel romanzare e attualizzare fatti di cronaca realmente accaduti (un po’ com’è successo con la serie 1992), costruisce un emozionante ma rarefatto necrologio sociale, visto attraverso gli occhi di un gruppo di giornalisti disillusi e vogliosi di emergere. Numero Zero, seppur ambientato in un’epoca a noi lontana, è un romanzo reale, disarmante che fa emergere il marcio di una società corrotta e vagamente perbenista.
Se il romanzo vince per una buona release narrativa ciò che non lo rende veramente perfetto è questo stile troppo arzigolato, con periodi troppo lunghi e complessi, discorsi indiretti interni che fanno perdere il filo del discorso, e troppe digressioni che a volte annoiano (non poco) il lettore. Umberto Eco scrive dunque questo romanzo realistico ma grottesco, per quel giornalista che ancora crede di trovare del buono in questa professione, ma soprattutto scrive il libro per quella persona acculturata, il tuttologo, che è in cerca di un qualcosa che stimoli il dibattito e rallegri l’immaginazione. Umberto Eco è sempre abile in questo però con Numero Zero non convince come dovrebbe. Costruisce l’itero elaborato su di un incipit di grande livello senza approfondire fino in fondo i personaggi e le loro caratteristiche peculiari. Numero zero è sempre una spanna sopra agli altri romanzi in circolazione ma, non bastano forti ideali e abili ricostruzioni storiche, per fare di un racconto un modo per veicolare una forma mentis.
Carlo Lanna