“Il Giornalismo, dalla carta stampata al web”: il mondo di internet come sviluppo o come crisi del giornale?: questo il titolo del convegno che si è svolto di recente presso l’Università degli studi di Palermo. L’evento ha condotto gli studenti di Scienze della Comunicazione a porsi un importante quesito: il web come aggiornamento e sviluppo o come crisi del giornale tradizionale?
Tra coloro che sono intervenuti e che hanno dato opinioni più o meno integrative o apocalittiche, c’erano Riccardo Arena (presidente dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia e giornalista presso il Giornale di Sicilia), Franco Nicastro (giornalista dell’ANSA di Palermo), Alberto Bonanno (giornalista di Repubblica), Pino Maniaci (direttore di Telejato).
In una società che tende a non valorizzare il talento dei giovani italiani, gli esperti hanno cercato invece di motivare tutti gli studenti raccomandandoli di essere sempre coscienti di ciò che accade, di tenere sempre bene a mente i loro obiettivi, di vivere a pieno titolo la formazione permanente di cui sono partecipi e di tutelare i loro diritti.
L’avvento del web, che doveva essere vissuto come un incremento e uno sviluppo del mondo dell’informazione, ha stravolto il giornale tradizionale. L’accessibilità delle informazioni rende più facile la loro manipolazione; salta il processo di comunicazione che era proprio del giornalista specializzato, a favore di quello polivalente. La carta stampata perde il suo valore anche a causa dei “Tg 5 minuti” che con pochi titoli informano brevemente sui fatti appena accaduti senza preoccuparsi di approfondire la conoscenza di essi. Si ricorda, infatti, che un “buon giornalismo” è proprio quello che spiega i fatti e le cause di un evento e non si limita alla sola enunciazione di essi.
L’84 per cento della popolazione predilige internet per attingere alle informazioni, contro il 73 per cento che preferiscono le tv nazionali e il 28 per cento della restante parte restano fedeli ai quotidiani locali e ai periodici. Percentuali che ricordano ciò che è successo negli Stati Uniti d’America; emblematico il caso del New York Times, dove molti giornalisti hanno lasciato il proprio posto di lavoro per scrivere sui blog o siti d’informazione online.
Si è chiesto al lettore di essere sempre più attivo. Nonostante ciò i numeri non sbagliano: si è registrato nell’ultimo anno circa il meno 40/50 per cento dei lettori nei giornali tradizionali. In molti non hanno ancora capito che occorre investire sia sul web che sulla carta stampata. Il giornalismo, nelle suoi molteplici forme, è sicuramente una forza attiva nella nostra società e non si può certo screditare uno dei suoi volti a favore di un altro.
Altro nodo cruciale risulta quello del numero degli iscritti all’Ordine dei giornalisti: circa 112 mila. Di questa cifra sono solo 48mila quelli che operano attivamente, tra cui circa 20mila dipendenti dalle aziende editoriali e i restanti vengono classificati come “freelance”. Molti si appropriano del titolo di “giornalista”, ed è naturale porsi delle precise domande: fino a che punto si è veramente giornalisti? E dove sono coloro che hanno questo titolo, ma non operano?
Parole toccanti sono state quelle del direttore di Telejato, Pino Maniaci: giornalista che si è reso noto per il suo “giornalismo di strada” dove si combatte tra informazione e corruzione, tra verità e omertà. L’ultimo giorno del seminario si è, infatti, concluso con la visione del film “Fortapàsc”, diretto da Marco Risi sulla storia del giovane giornalista Giancarlo Siani ucciso dalla camorra. Pellicola che ci permette di non dimenticare come una passione bella e forte come il giornalismo, può essere distrutta dalle organizzazioni criminali.
«Un giornalista deve informare», diceva Giancarlo Siani. «Un giornalista deve credere in ciò che dice, raccontare un fatto in modo veritiero, non vendere la propria professione per non far trapelare determinate informazioni. Un giornalista deve rimanere tale dal momento in cui decide di svolgere questa professione con dedizione», si è detto nel corso del convegno.
Le sfide del giornalismo tradizionale sono ben due: la nascita di nuovi “giornalismi” che non devono essere assolutamente visti come una minaccia, bensì come una risorsa da cui attingere e allargare il mondo della conoscenza e dell’informazione in modo da arrivare nelle case, negli uffici, nei bar, in qualsiasi luogo dov’è viva la comunicazione; ed infine, favorire il primato del giornalismo veritiero che permette la sopravvivenza di coscienze sociali, politiche e morali.
Miriana Di Paola