Un vangelo e una copia della Costituzione italiana, la bandiera della pace, un sigaro. E poi ancora qualche simbolo della resistenza partigiana. Basta guardare alcuni degli oggetti che oggi circondano il feretro del “prete partigiano”, di quel sacerdote che nel corso della sua vita si è sempre battuto per gli ultimi, per inquadrare chi era don Gallo. Lui, il prete spesso definito “rosso” e che qualche volta si è scontrato con la Chiesa “più ufficiale”, si è spento ieri all’età di 84 anni. Da qualche giorno non stava bene, tanto che era appena rientrato nella sua Comunità di San benedetto al Porto, a Genova, dopo alcuni controlli ed esami medici. Poi, ieri, il tracollo, di fronte agli sguardi attoniti di chi lo ha amato. Un amore e una stima nei suoi confronti che oggi sta mobilitando moltissime persone, accorse a Genova per dare il loro ultimo saluto a quel piccolo ma determinato sacerdote anticonformista, la cui camera ardente è stata allestita proprio all’interno della Comunità di San Benedetto al Porto, la sua casa. I funerali, che saranno celebrati dal Cardinale Angelo Bagnasco, si terranno questo sabato.
L’impegno sociale – Dopo il noviziato con i salesiani e un periodo di studi a Roma, quasi da subito il giovane Andrea capisce che per lui ci vuole qualcosa di più, qualcosa che lo faccia sentire utile, che gli dia la possibilità di impegnarsi sul campo e di fare davvero del bene. Così nasce l’idea della missione, che nei primi anni Cinquanta lo conduce nel Brasile della regime dittatoriale. Un contesto che preso lo costringe, però, a tornare nella sua Italia, dove diviene cappellano alla nave scuola della Garaventa, riformatorio per minori. È un’occasione, questa, per sperimentare una nuova modalità educativa, fatta di una buona pedagogia, di fiducia e di una libertà che si contrappongono ai metodi repressivi consolidati. Da qui, però, una serie di spostamenti ad altri incarichi, fino al momento in cui viene destinato alla parrocchia del Carmine di Genova, dove rimane sino al 1970 e dove dà ampia attenzione agli emarginati. La parrocchia diviene presto un punto di aggregazione per tutti coloro che sono in cerca di ascolto, di solidarietà. Questo, come detto, fino al ’70, quando probabilmente in seguito a un’omelia considerata dalla borghesia genovese troppo di sinistra a don Gallo viene proposto di trasferirsi sull’isola di Capraia. Un’ipotesi alla quale lui si contrappone e a cui risponderà fondando la famosa Comunità di San Benedetto al Porto. Un luogo, questo, che il “prete partigiano” dedicherà interamente al recupero degli emarginati, di cui conoscerà a fondo le problematiche. Una lunga vita dedicata agli ultimi e che spesso lo porterà a prendere delle posizioni fuori dal coro, come ad esempio la richiesta di legalizzare le droghe leggere e il suo forte attivismo sociale e politico.