Alessandro Borghi: profondi occhi azzurri, fisico slanciato e abile parlantina. Celebre per aver interpretato in “Suburra” un boss spietato e calcolatore, lo abbiamo visto di recente al cinema nel film “Non essere cattivo” che l’ha consacrato come astro nascente. L’ultimo lungometraggio del compianto Antonio Caligari colpisce e stupisce come un forte pugno nello stomaco. A distanza di quasi un anno dalla fine delle riprese l’attore – che in “Non essere cattivo” veste i panni di Vittorio, un tossico che vive alla giornata durante i lungimiranti anni ’90 (ed è legato da una forte amicizia quasi omo-erotica nei riguardi del suo amico Cesare) – continua a girare l’Italia in lungo e in largo per promuovere questo piccolo gioiello del cinema. Tappa ultima è stato il Multicinema Duel di Caserta.
Alessandro Borghi si presenta al pubblico in sala con la consapevolezza di un uomo che è ancora capace di sognare e di emozionarsi. «Non ho mai voluto fare l’attore, sono arrivato qui dove sono ora un po’ per caso. Ricordo infatti che quando dovevo recarmi agli studi per il provino di “Distretto di Polizia”, non ero convinto che fosse la cosa giusta da fare», ci racconta Borghi. «Alla fine ho partecipato ad alcuni episodi della fiction (all’epoca si stava girando la stagione 6) e questa avventura è iniziata sotto il più roseo degli auspici. Ho fatto un percorso diverso rispetto ai miei colleghi, dato che ho studiato lavorando, poi le soddisfazioni e i riconoscimenti sono venuti da sé», sottolinea. Tanta gavetta, tanto studio e molto ‘olio di gomito’, ma l’attore prima di arrivare sul grande schermo in ruoli molto complessi, ricorda con piacere gli anni in cui ha lavorato per il mercato televisivo italiano. «Paradossalmente le esperienze che mi hanno formato come attore sono state alquanto traumatiche. Certo ho dei bellissimi ricordi quando ho lavorato in “RIS – Delitti imperfetti” o “Squadra Mobile” per esempio, ma non è tutto oro quello che luccica. Molto spesso non si ha la possibilità di lavorare bene perché o ci sono tempi stretti oppure perché il regista non è all’altezza della situazione. Quando succede una cosa del genere, è l’attore stesso che si deve far forza e far emergere la sua bravura e la giusta emotività», racconta.
“Non essere cattivo” quindi è stata la sua prova del nove per Alessandro Borghi, è stata un’occasione fondamentale per mettersi in gioco e valutare le proprie possibilità. «Vittorio è un personaggio molto complesso e sicuramente la sua particolarità più interessante è che, durante il film, emerge dalle sue stesse ceneri. Ha una morale molto forte ed è capace di lasciare al pubblico l’ultimo giudizio siccome si insinua il dubbio se è giusto o no uniformasi a ciò che la società impone. Il rapporto che Vittorio ha con Cesare ha un ‘effetto elastico’, si allontanano ma si avvicino inosabilmente, e credo che in questo tira e molla si ritrova l’essenza stessa della pellicola». Sempre pronto a sperimentare e a mettersi in gioco Alessandro Borghi rivela che «interpretare Vittorio non è stato difficile». E poi dice: «Soprattutto nella seconda parte del film, ci sono delle sfumature caratteriali che si avvicino alle mie. Per Suburra invece è stato tutto diverso. Ho fatto un lavoro sulla mimica facciale e sullo sguardo perché Numero 8 era un personaggio che, da vicino, non mi rappresenta in nessun modo». Droga e disagio sociale sono diventati poi una costante per la carriera del promettente attore: «Credo che attraverso questo tipo di film si possa far luce su una triste realtà molto spesso ignorata. L’importante è che il lungometraggio stesso metta in moto una serie di riflessioni che spinga in un certo qual modo a trovare una soluzione». Borghi non si ferma certo qui e guarda già al suo futuro professionale: «Girerò un film in francese, ma per scaramanzia non dirò nulla. Sarà qualcosa di nuovo per me», racconta visibilmente emozionato.