L’Alzheimer è una malattia invalidante, per la quale purtroppo non esistono cure ma solo terapie che possono ritardare il progredire della patologia. A Pistoia, come avevamo già annunciato nei giorni scorsi, si sta svolgendo il quarto convegno nazionale sui Centri Diurni Alzheimer che si conclude domani. Oggi è intervenuto tra gli altri Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, che ha tracciato i confini di un triangolo socio-economico-sanitario fatto di pazienti in vertiginoso aumento, di spending review, di mancanza di terapie risolutive. Trabucchi si è soffermato su i servizi e sulla crisi: «Il budget nazionale è praticamente già sparito. I comuni sono costretti a ridurre i finanziamenti al welfare e il fondo sanitario ha subito tagli drastici. I servizi più leggeri come i Centri Diurni Alzheimer, anche se di grande importanza, rischiano di essere i più colpiti – ha spiegato -. Permettono agli anziani non autosufficienti di continuare a vivere a casa propria, ma è un’area critica, mai al centro dell’interesse dei programmatori, anche perchè costosa e di difficile organizzazione». Le strutture sono a carico del sistema sanitario. Ma, ha precisato il medico, «in altre località contribuiscono anche gli utenti; la questione è delicata, perchè la crisi che si è abbattuta su milioni di famiglie, induce spesso a ritirare il paziente dal frequentare il Centro Diurno. Fenomeno già molto vistoso per quanto riguarda le strutture residenziali». Le badanti che qualche anno fa avevano un ruolo prioritario, oggi diminuiscono perché, ha continuato Trabucchi, «si preferisce spendere il danaro in famiglia affidando gli anziani a parenti rimasti disoccupati». A breve non ci sarà alcuna possibilità concreta che il sistema assistenziale possa rispondere alla domanda di questi servizi. «Chi potrà permetterselo dovrà ancora ricorrere alle badanti che, peraltro, in questi anni hanno garantito un’assistenza dignitosa», ha affermato Trabucchi. E per quanto riguarda le terapie, il presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria ha sostenuto che «bisogna seguire la strada di recente indicata dal presidente Obama», aggiungendo che «fino al 2025 non sono all’orizzonte terapie per l’Alzheimer ed è quindi necessario cercare di ridurre sofferenza e fatiche degli ammalati e delle loro famiglie costruendo modelli adeguati di assistenza, che permettano una vita decente almeno per i prossimi 10 anni». «Oggi le cellule staminali non rappresentano una concreta possibilità di cura – ha continuato Trabucchi -. Non c’è alcuna prova scientifica. Per i vaccini, invece, si comincia a intravedere qualche speranza, anche se sussistono le critiche al modello amiloideo, di cui non si sa ancora se sia conseguenza oppure causa delle perdite neuronali osservate sul piano clinico». L’unica strada dunque è quella della prevenzione: «Oltre a migliorare l’assistenza, la comunità ha il compito di proporre modelli di vita capaci di allontanare la comparsa delle demenze. In particolare una vita fisicamente attiva rende possibile controllare, seppure in parte, i fattori che accelerano il manifestarsi di malattie come diabete, arteriosclerosi, ipertensione. E’ importante tenere allenato anche il cervello: si pensi non solo a esercizi come il sudoku, ma anche al bilinguismo che si è dimostrato capace di allontanare di qualche anno la comparsa dei sintomi. In realtà non è mai troppo tardi per adottare stili di vita attivi, e la comunità deve creare le condizioni ambientali perchè ciò possa realizzarsi», ha concluso lo specialista.