American Pastoral: trailer, trama e recensione del film

C’è più di una nota stonata nel film American Pastoral che delude un po’ perché si ferma in superficie dando così molto spazio al cervello e poco al cuore. La pellicola – che si presenta come un grande calderone di temi – è impeccabile dal punto di vista stilistico, con quella tenue malinconia che trapela sin dalla prima sequenza, come per anticipare eventi infausti. La macchina da presa di Ewan McGregor, nel duplice ruolo di regista e attore protagonista, ci porta negli anni Sessanta, quando i principi dell’America conservatrice, razzista e piccolo-borghese si scontravano con l’ondata di protesta non solo degli afroamericani – sempre più stanchi di essere alla mercé dei bianchi – ma anche di una nuova generazione di giovani non di colore, arrabbiati con i padri e le madri per quell’insana incapacità di creare una società più equa e più giusta.

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In questa serie di avvenimenti socio-politici s’inserisce la figura più contorta e riuscita di American Pastoral; si tratta di Merry, interpretata da Dakota Fenning che riesce a conferire a questo personaggio un velo di mistero alzando per un po’ i toni del film che altrimenti sarebbe sconfinato quasi del tutto nella noia. A differenza di pellicole come per esempio Selma – La strada per la libertà, la settima arte ci pone un nuovo punto di vista sui diritti civili, quello di una bambina balbuziente che guarda il telegiornale piangendo a squarciagola per la sorte del vietnamita che si è dato fuoco. Merry si trasforma in un battito di ciglia in un’adolescente arrabbiata con il padre, imprenditore di successo, e soprattutto con la madre Down, che è il simbolo di una generazione di donne melliflue, attente solo all’aspetto esteriore, troppo accomodanti e desiderose solo di trovare un buon partito. «Avrei voluto insegnare ai bambini ma poi sei arrivato tu!», dice Down, che ha il volto di una magnetica Jennifer Connelly, al marito.

 

Il protagonista di American Pastoral è, tuttavia, il padre di Merry, un uomo di origini ebraiche soprannominato lo svedese. Titolare di una fabbrica di guanti, questo personaggio è sicuramente specchio e contraddizione della classe dominante dell’America di fine anni Sessanta. Il rapporto tra padre e figlia, pur essendo il fulcro di questo film, è privo della giusta carica emotiva che, se fosse stata dosata equamente, avrebbe certamente reso giustizia al capolavoro letterario di Philip Roth, da cui la pellicola è tratta. Ci si concentra bene, al contrario, sul legame tra lo svedese e la moglie, mentre riusciamo a percepire solo trasversalmente la sensazione di stupore provata dalla voce narrante, compagno di college dello svedese, il quale da ragazzo aveva tutto: bellezza, soldi e talento ma, ahimè, a volte la vita cambia rotta e le vicende di un Paese si intrecciano con le storie individuali di uomini e donne che non saranno più gli stessi! E anche quest’aspetto è stato affrontato, purtroppo, in modo superficiale. American Pastoral è, dunque, un film dalle occasioni mancate. Di seguito il trailer.

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