Il ballottaggio di domenica scorsa, alle amministrative 2016, passerà alla storia come il giorno della consacrazione del Movimento 5 Stelle. Inutile girarci intorno, più che perdere Giachetti e, soprattutto, Fassino, a Roma e Torino hanno vinto due donne “grilline”. Giovani, preparate e decise, Virginia Raggi e Chiara Appendino sono ora chiamate a guidare il cambiamento, ad indicare la rotta nuova in due città simbolo del nostro Paese. Roma, dilaniata da malaffare e corruzione, vive una stagione amministrativa decisamente complicata; Torino, forse la più europea delle città italiane, è agli opposti: tranquilla, benestante, ordinata e pulita, era considerata poco incline al cambiamento. E, molto probabilmente, anche l’ex sindaco ci aveva creduto e fatto affidamento un po’ troppo.
Se è stato effetto sorpresa, lucida follia, fattura o incantesimo conta ormai ben poco: una cosa è certa, se per il Movimento 5 Stelle fino a oggi è bastato, o quasi, urlare, mettersi di traverso e proporre, sempre e comunque, in contrapposizione con le solite logiche di sistema e di potere, ora servirà altro, ed anche rapidamente. Per il movimento-partito politico italiano nato di fatto con un Vaffanculo Day (V-Day) se non è un salto nel buio, poco ci manca. Certo, in questi anni un bel po’ di esperienza politica è stata accumulata e messa in archivio: è giusto ricordare che il M5S partecipa dal 2008 ad elezioni amministrative e regionali e, soprattutto, siede ormai stabilmente in parlamento. In occasione delle ultime politiche del 2013 ha raccolto infatti alla Camera 8,7 milioni di voti che si sono tradotti in 109 deputati. Al Senato invece, grazie a 7.4 milioni di voti, ha eletto 54 senatori.
Ancora: alle elezioni europee del 2014 il Movimento 5 Stelle ha raggranellato quasi 6 milioni di voti, ottenendo 17 seggi al parlamento di Strasburgo. Insomma, qualcosa è stata fatta, ma stavolta c’è dell’altro all’orizzonte, e Grillo e i suoi lo sanno bene. I partiti della politica italiana si stanno progressivamente dissolvendo. Silvio Berlusconi è, come noto, in convalescenza, ma il suo partito sta decisamente peggio. Forza Italia perde infatti pezzi e consensi ad ogni tornata elettorale. L’ultima si è chiusa con un bilancio disastroso e le possibilità che in futuro vada anche peggio sono decisamente in rialzo. Soffre, e non poco, anche il Pd, partito delle mille correnti, attraversato da continue rese dei conti, vendette e patti leonini. Renzi gli ha inflitto qualche salvifico elettrochoc ma, alla lunga, la cura non sembra aver funzionato. Fare contemporaneamente il premier e il segretario del primo partito italiano è, come facilmente intuibile, una faticaccia: si rischia di sbagliare continuamente abito e cerimonia, con il risultato di essere sempre in ritardo e, non di rado, fuori ruolo. La rapida ascesa dell’ex sindaco di Firenze del resto ha fatto storcere la bocca a molti vecchi saggi del Pd che, come noto, hanno memoria di ferro, nervi saldi e grande pazienza, soprattutto quando si tratta di consumare una sanguinolenta vendetta. E quel tempo, a occhio, potrebbe non essere poi così lontano. Oltre questi due partiti c’è una marmellata indistinta, attraversata, sempre più di rado, da qualche avventuriero che si inventa capitano coraggioso. E’ il caso, tanto per citarne uno, di Matteo Salvini e una Lega che sembra in preoccupante crisi di identità. Ecco che in questo scenario per Grillo e i suoi, se sapranno tradurre in fatti parte di quanto annunciato e proclamato, si potrebbe aprire in tempi rapidi un’autostrada a quattro corsie senza autovelox che potrebbe portare, dritti dritti, al governo del Paese. Certo, non basterà più dichiararsi nuovi, apolitici e, soprattutto, onesti: ora serve qualcos’altro ma, a pensarci bene, neanche poi tanto. Nel corso degli anni gli italiani hanno imparato a ridimensionare sogni e ambizioni e ad accontentarsi sempre di più.