Ant-Man: trailer e recensione

Ant-man: recensione e trailer del film che è uscito il 12 agosto. 

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 “Dalle piccole dimensioni derivano grandi responsabilità”. Prendendo a prestito la massima di Peter “super-ragno” Parker e adattandola alle “piccole”, anzi, microscopiche circostanze, otterremo Ant-Man, il primo supereroe miniaturizzabile della Marvel con una figlia che non riesce quasi mai a vedere, una ex moglie a cui non riesce a pagare gli alimenti e un superpotere che gli concederà una prospettiva di vita completamente diversa. Già, perché, tra gli innumerevoli topos del cinema fantastico, il gigantismo delle proporzioni o il rimpicciolimento magico, hanno da sempre giocato un ruolo fondamentale nel creare e rinfocolare un già vivido immaginario di matrice letteraria. Si parte dal classico I Viaggi di Gulliver e dai popoli lillipuziani alti una manciata di centimetri, fino ad arrivare a Epic – Il mondo segreto (2013), folcloristica eco-favola d’animazione che narra del piccolo popolo silvestre dei Leafmen in cui si perde, una volta rimpicciolita, la protagonista Katherine. Scott Carey, a causa di una misteriosa nebbia, diventa quasi invisibile in Radiazione Bx:distruzione uomo (1957) di Jack Arnold – con alle spalle la solita “materia prima” romanzesca, in questo caso il Richard Matheson di The Incredible Shrinking man – mentre in Viaggio Allucinante e nel film di Joe Dante Salto nel buio, l’avventura dei protagonisti si sviluppa all’interno di una navicella miniaturizzata che si insinua in un corpo umano, tra vene e organi che fungono da pericolosi ostacoli. Se dovessimo trovare però un precedente che sia più vicino alle corde “comedy” della recente svolta della Fase Due Marvel (iniziata con Iron Man 3), sarebbe impossibile non citare Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi, divertentissima commedia Disney in cui un bizzarro inventore miniaturizza per sbaglio i propri figli e quelli del vicino. Lo spirito goliardico e il tono frizzante (con qualche buona dose di comicità slapstick) bene si adattano alle atmosfere divertenti che si respirano in Ant-Man, fatte salve le debite distinzioni di genere. Come Starlord in Guardiani della galassia, il protagonista, Scott Lang (Paul Rudd) è uno sbandato ladruncolo di periferia, anche se, rispetto all’aitante pirata dello spazio, è alle prese con una difficile situazione familiare. La moglie lo ha abbandonato dopo l’ennesima rapina e la figlia piccola Cassie, per la quale è il suo più grande eroe, non riesce a vederlo durante le visite di rito a causa del patrigno, un integerrimo poliziotto. Dopo essere finito nuovamente in gabbia, Scott ha l’opportunità per redimersi; a concedergliela è lo scienziato Hank Pym (Michael Douglas), padre anch’egli in rotta di collisione con l’affascinante figlia Hope (Evangeline Lilly), il cui unico scopo è preservare i segreti della sua più grande invenzione: le particelle Pym che consentono di ridurre le dimensioni di qualsiasi creatura e oggetto alle dimensioni di uno spillo. La mission impossible per Scott sarà quella di indossare una tuta iper-tecnologica che gli garantisca, oltre alla capacità di rimpicciolimento fino a 3.5 mm, erculea forza, rapidità e destrezza innate e la privilegiata comunicazione con i suoi più solidali alleati, le formiche naturalmente, con cui potrà “parlare” attraverso l’apposito casco-traduttore. Inviato per sventare i loschi piani di Darren Cross (Corey Stoll), dovrà sconfiggere un calabrone coi suoi stessi poteri per salvare il mondo. Ant-Man è la conferma della formula vincente adottata dall’equipe di Kevin Feige, Re Mida della fabbrica americana dei supereroi. Film dalla vicenda produttiva lunga e travagliata, ha vissuto di “sostituzioni” per circa un decennio, a partire da quella del suo regista e co-sceneggiatore Edgar Wright, al cui posto subentra nel 2014 Peyton Reed, per poi identificarsi come il tassello numero 2 della “fase leggera” della Marvel, dopo Guardiani della galassia e in diretta continuità con le vicende narrate in Avengers – Age of Ultron. Il taglio scelto è quello di un classico superhero movies gravido di effetti speciali e azione convulsa, improntato, più che al parossismo tecnologico e alla sovrabbondanza high-tech di Avengers – Age Of Ultron, ad un sano “stupor” adolescenziale che svela meraviglie stranianti. Grazie al lavoro della Industrial light & magic che ha scelto la macrofotografia per rendere più realistiche le gigantesche proporzioni in cui si muove l’uomo-formica, anche i più piccoli granelli di polvere, così come tutti i più microscopici dettagli, sono ripresi da lenti speciali e poi trattati digitalmente in CGI. Il tutto condito naturalmente in salsa motion capture per un’ulteriore immissione di realismo nei movimenti e nelle acrobazie dell’insetto. Quello che appare di fronte ai nostri occhi non è quindi un altrove immaginifico, ma il nostro stesso mondo ingigantito, a misura dei pochi millimetri dell’eroe di turno. Una realtà in cui può capitare di vedere una sala giochi di una bambina trasformata in campo di battaglia o una valigia in caduta libera al cui interno, mentre in sottofondo i Cure illanguidiscono la scena con “Plainsong”, si fronteggiano i due avversari di turno a colpi di fendenti elettrici, pugni e mosse di kung fu. Uno spettacolo per gli occhi che permette l’inserimento di altre iconiche guest star dell’universo Marvel, tra cui l’immancabile cameo di Stan Lee, Peggy Carter (Hayley Atwell) e il padre di Tony Stark, Howard (John Slattery). Ciò che rende Ant-Man un film godibile sotto tutti gli aspetti è proprio l’eterodossia di fondo in cui Peyton Reed fa coesistere, in perfetto equilibrio, ogni sottogenere della fantascienza tradizionale, su un’impalcatura da divertissement simpaticamente rocambolesca che fa della “contaminatio” la sua arma migliore: si va dalla spy story alla sua caricatura (una Mission:Impossible nanotecnologica), dall’action spensierato (Ant-man a cavallo di formiche volanti, mentre sguazza in una enorme vasca da bagno o si tuffa nelle fenditure del sottosuolo, alle prese con un topo di dimensioni colossali o con un trenino giocattolo divenuto arma micidiale) al risvolto intimista della famiglia come supremo veicolo di amore (le vicende collaterali di padri in cerca di riscatto e di figli pronti a concedere la seconda chance ai genitori). Si tratta senza dubbio di un’esilarante fantacommedia che inserisce, senza che si storca il naso, la genuinità spensierata dell’immaginario Pixar nel canonico multiverso marveliano. Appuntamento al 2016 con Captain America: Civil War, in cui ritroveremo, a fianco del “Cap” e di Falcon, il simpatico e irriverente piccoletto con tuta retrò e casco magico. Voto: [usr 3.5]

Ant-Man: trailer

Vincenzo Palermo

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